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A più voci.pdf - Partecipazione

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100 A PIÙ VOCI<br />

punto di accordo. È <strong>più</strong> facile imboccare la strada del negoziato o<br />

della discussione, quando le altre strade sono precluse.<br />

Inoltre la formazione di un’arena inclusiva in cui non si prevede<br />

di ricorrere alla votazione, ha un enorme vantaggio rispetto alla formazione<br />

di un’assemblea in cui si decide a maggioranza. Nella prima<br />

quello che conta è la presenza di tutti i punti di vista rilevanti, ma<br />

non la loro rappresentanza quantitativa: non importa quanti sono i<br />

rappresentanti dei commercianti, dei residenti o degli ambientalisti,<br />

importa solo che ci siano e che abbiano il pieno diritto di esprimersi.<br />

Questo comporta una drastica semplificazione nella composizione<br />

dell’arena, rispetto alle situazioni in cui si decide con il voto. Nelle<br />

assemblee di quest’ultimo tipo, infatti, è indispensabile che le diverse<br />

opzioni siano rappresentate con qualche criterio di proporzionalità.<br />

Ma questo implica che le posizioni debbano precostituirsi rispetto<br />

alla formazione della assemblea e ciò finisce per ostacolare il processo<br />

di discussione dal momento che le preferenze dei partecipanti<br />

tendono ad essere congelate in schieramenti predefiniti. La stessa esistenza<br />

della votazione, come metodo decisionale di un’assemblea, ha<br />

perciò l’effetto di affievolire il momento della discussione, come del<br />

resto sanno benissimo i parlamentari o i consiglieri regionali o<br />

comunali: il dibattito che si svolge nelle assemblee elettive è spesso<br />

fittizio perché gli esponenti della maggioranza o dell’opposizione<br />

tendono ad agire per partito preso.<br />

L’inopportunità di ricorrere al giudice<br />

L’altra strada classica per risolvere i conflitti (senza trasformarli) è<br />

quella di ricorrere al giudice. Anche in questo caso ci sono vincitori<br />

e vinti, dal momento che il giudice risolve la controversia stabilendo<br />

chi ha ragione e chi ha torto. Questa strada è molto frequente<br />

nella vita politico-amministrativa, attraverso i ricorsi al Tar e al<br />

Consiglio di stato. Ma si tratta di una strada lunga, faticosa e spesso<br />

poco produttiva.<br />

Molto spesso infatti i ricorsi vengono promossi da soggetti che<br />

sono stati esclusi dal processo decisionale o che temono di esserne<br />

esclusi. Tali ricorsi non hanno lo scopo di tutelare un interesse legittimo<br />

che è stato leso dalla pubblica amministrazione, ma piuttosto di<br />

segnalare l’esistenza di interessi ingiustamente trascurati o di costringere<br />

l’amministrazione a tenerne conto. E infatti i motivi legali dei<br />

ricorsi sono spesso formalistici e pretestuosi e non mettono quasi mai<br />

in luce le vere ragioni o le vere preferenze dei ricorrenti. Di conseguenza<br />

anche i rimedi offerti dal giudice sono spesso impropri rispetto<br />

al reale oggetto del contendere: determinano la sospensione cautelare<br />

di un provvedimento o il suo annullamento, ma non sono in<br />

grado di dare una risposta pertinente alle effettive ragioni del conflitto.<br />

Ed a loro volta hanno effetti del tutto sproporzionati rispetto ai<br />

termini della contesa. Obbligano le amministrazioni a faticosi proces-

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