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A più voci.pdf - Partecipazione

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140 A PIÙ VOCI<br />

Benché la disposizione preveda il coinvolgimento delle sole<br />

amministrazioni pubbliche (e non di tutti i possibili stakeholder)<br />

siamo già pienamente nel campo dei processi inclusivi: si sottolinea<br />

l’esigenza dell’integrazione (su cui tanto abbiamo insistito in questo<br />

manuale) e si prevede che questa esigenza debba essere soddisfatta<br />

attraverso un confronto diretto destinato a sfociare in un accordo.<br />

Siamo ormai lontani dal modello dell’amministrazione autoritativa<br />

che agiva esclusivamente mediante atti unilaterali. Entriamo invece<br />

in un mondo diverso in cui un tipico strumento del diritto privato<br />

– l’accordo, il contratto – viene offerto per prendere decisioni di<br />

carattere pubblico, consentendo alle amministrazioni di negoziare<br />

tra di loro per definire i termini (tempi, finanziamenti, modalità,<br />

ecc.) dell’intervento.<br />

Da allora le cose sono andate molto avanti. Gli accordi di programma,<br />

enunciati in via generale dalla norma appena citata, sono<br />

stati ripresi da numerose leggi settoriali che hanno previsto l’apertura<br />

di specifici tavoli per avviare i <strong>più</strong> diversi programmi o definire<br />

i <strong>più</strong> svariati interventi. Ma sono state soprattutto introdotte<br />

forme <strong>più</strong> ampie di inclusione nei processi decisionali, dove non<br />

sono coinvolte solo le amministrazioni pubbliche, ma anche soggetti<br />

privati (imprese, associazioni, singoli cittadini). Talvolta la<br />

legge si limita ad aprire degli spazi, senza specificare precisamente<br />

le caratteristiche del processo, talvolta lo definisce in modo <strong>più</strong> circostanziato<br />

o offre addirittura finanziamenti pubblici, che costituiscono<br />

un potente incentivo per intraprendere questa strada.<br />

Un insieme ormai numeroso di politiche pubbliche ne è ormai<br />

coinvolto. Proviamo a vedere i settori <strong>più</strong> rilevanti:<br />

• politiche di sviluppo locale: è questo probabilmente l’ambito in<br />

cui il principio di inclusione ha fatto <strong>più</strong> strada, anche grazie ai<br />

finanziamenti che hanno costantemente alimentato l’apertura di<br />

processi condivisi. La concertazione dal basso o decentrata è<br />

nata come risposta alla crisi dell’intervento straordinario del<br />

Mezzogiorno (1992) e ha conosciuto un continuo sviluppo nell’ultimo<br />

decennio, dapprima con il patti territoriali che, insieme<br />

ai contratti d’area, hanno fatto da battistrada e poi con diverse<br />

configurazioni di patti per lo sviluppo come i Progetti integrati<br />

territoriali (Pit) nel Mezzogiorno o le analoghe misure adottate<br />

da diverse regioni italiane;<br />

• politiche urbane: i primi istituti della nuova generazione di politiche<br />

urbane, varati nel corso degli anni Novanta, come i Pru, i<br />

Priu e poi i Prusst non prevedevano esplicitamente lo sviluppo<br />

di processi inclusivi (il coinvolgimento degli operatori privati<br />

era <strong>più</strong> previsto nella fase attuativa che in quella decisionale).<br />

Erano però stati concepiti fin dall’inizio come programmi integrati<br />

e quindi richiedevano implicitamente qualche forma di<br />

concertazione tra attori pubblici, sociali e privati. Con i<br />

Contratti di quartiere, avviati nel 1998 (Legge 662/1996) e poi<br />

ribaditi nel 2003 (Legge 21/2001) si prevede esplicitamente “la

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