A più voci.pdf - Partecipazione
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nerare in una generale frustrazione. Il primo passo è quello di stabilire<br />
le regole del gioco e di sottoporle all’accettazione dei partecipanti.<br />
La scommessa è che se le regole sono ragionevoli e contemplano<br />
ampi diritti di accesso e di partecipazione, non dovrebbero nascere<br />
pressioni per forzarle nel corso del gioco. Le regole devono essere<br />
abbastanza flessibili da permettere un adeguamento del processo alle<br />
circostanze (si deve poter cambiare!), ma abbastanza rigide da fissare<br />
confini certi. Ciascuno dei partecipanti deve sapere esattamente a che<br />
gioco sta giocando.<br />
Le regole variano da un approccio all’altro, ma ci sono alcune<br />
costanti. Per esempio:<br />
• fasi: i processi sono in genere strutturati in fasi, la cui successione<br />
dev’essere – grosso modo – nota fin dall’inizio;<br />
• tempi: la durata delle varie fasi e dei singoli incontri deve essere<br />
predefinita accuratamente; non sono consigliabili riunioni che<br />
durano per ore, perdendo via via partecipanti;<br />
• spazi: l’organizzazione degli spazi deve essere molto curata, perché<br />
l’interazione tra i partecipanti può essere favorita dalla loro disposizione;<br />
tradizionalmente l’amministrazione conosce solo due<br />
forme di organizzazione degli spazi: quella dell’assemblea/consiglio<br />
che separa i relatori dal pubblico, mettendo gli uni di fronte<br />
agli altri, e quello del tavolo di lavoro, in cui i partecipanti siedono<br />
in circolo; ma ci sono – come vedremo – molte altre disposizioni<br />
da studiare con la massima cura;<br />
• ecc.<br />
Il principio della strutturazione si contrappone alle dinamiche<br />
partecipative non strutturate che vengono adottate normalmente in<br />
Italia. Quando un’amministrazione si pone il problema di confrontare<br />
le proprie scelte con il pubblico, di solito ricorre alla convocazione<br />
di assemblee pubbliche (oppure: consigli comunali aperti, ecc.).<br />
Le assemblee sono una tecnica di discussione molto primitiva: il proponente<br />
cerca di convincere il pubblico e spesso va incontro a contestazioni.<br />
Le assemblee non servono a costruire una decisione, ma a<br />
registrare i rapporti di forza esistenti in quella sede. Il nostro problema<br />
è invece esattamente il contrario: ossia di sbloccare, attraverso<br />
argomenti e negoziati, i rapporti di forza esistenti.<br />
Dare il massimo spazio all’informalità<br />
Le amministrazioni sono tradizionalmente abituate a lavorare mediante<br />
atti formali. Preferiscono scriversi che parlarsi. Hanno bisogno di basarsi<br />
su certezze e diffidano di ciò che non si può documentare con precisione:<br />
“la burocrazia aborre i rapporti faccia a faccia”, scriveva quarant’anni<br />
fa il sociologo francese Michel Crozier 3 . Anche i meccanismi partecipativi<br />
tradizionali (come le osservazioni dei cittadini ai piani regolatori o<br />
quelle sulle procedure di valutazione di impatto ambientale) sono basate<br />
su questi presupposti. In queste procedure manca il rapporto diretto; le<br />
comunicazioni si svolgono esclusivamente per iscritto e prevedono l’uso<br />
di un linguaggio formale; non è prevista alcuna interazione tra i cittadi-<br />
3. M. Crozier, Il fenomeno<br />
burocratico, Milano, Etas,<br />
2000 (ed.or.: 1963).<br />
COME. APPROCCI, METODI, TECNICHE 57