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A più voci.pdf - Partecipazione

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Come è stata organizzata la partecipazione?<br />

Lo schema generale del processo prevede un’assemblea generale di carattere tecnico-politico, alla presenza<br />

dell’Assessore e del Presidente del Municipio, ove si presentano le opportunità offerte dal bando; nell’arco dei due<br />

o tre mesi successivi seguono alcuni laboratori (workshop) di progettazione partecipata, di solito non <strong>più</strong> di quattro,<br />

condotti con il metodo dell’Action Planning. Infine un’assemblea di presentazione dei progetti redatti sulla<br />

base delle indicazioni emerse nei workshop nei quali i decisori politici si assumono l’impegno a portare le proposte<br />

emerse nelle sedi decisionali (Giunta, Consiglio Comunale ecc.).<br />

Chi ha partecipato?<br />

Sempre parlando di media, tra le 50 e le 100 persone ad ogni assemblea di quartiere. Ai laboratori tra le 30 e le 50<br />

persone opportunamente selezionate in qualità di stakeholder (comitati di quartiere, associazioni culturali, di categoria,<br />

istituzioni locali, parrocchie, ecc.). Le scelte progettuali si fanno con loro. L’assemblea finale aperta a tutti sanziona<br />

le scelte o corregge il tiro. La partecipazione coinvolge di solito quella che è definita cittadinanza attiva. In alcuni<br />

casi si è riusciti anche a promuovere inchieste estese ai cittadini passivi tramite questionari o interviste.<br />

Quali sono i vantaggi di un processo avviato subito?<br />

Presentarsi dicendo: c’è questa opportunità di finanziamento, possiamo migliorare il quartiere, pensiamoci insieme<br />

a scegliere cosa e come fare, produce un effetto di sorpresa e di apprezzamento. Di sorpresa perché sono abituati<br />

ad essere chiamati ad esprimersi su progetti già confezionati. E di apprezzamento perché avvertono che la<br />

loro conoscenza dei problemi è considerata preziosa. Di solito, nelle convenzionali assemblee, sono costretti a sintetizzare<br />

le loro idee in una rivendicazione urlata in faccia al decisore politico di turno.<br />

Che cosa l’ha <strong>più</strong> sorpreso?<br />

La prima è la quantità e la qualità di conoscenze che si annidano in alcuni residenti. È come se decine di loro fossero<br />

dei veri pozzi di risorse primarie che affondano nel territorio: c’è chi sa tante cose sulla storia del quartiere<br />

attingendo alla tradizione familiare, chi ha elaborato progetti, chi ha preso a cuore la realizzazione di un parco e<br />

ne ha fatto una ragione di vita. Devo confessare che a volte mi emoziono per le scoperte che faccio. La seconda<br />

sorpresa è la disponibilità a mettersi in gioco impegnandosi per ore e ore in attività di comunicazione e confronto<br />

senza averne nulla in cambio se non una soddisfazione civile. Soprattutto nei quartieri periferici, dove i problemi<br />

sono maggiori, c’è una rete virtuosa di relazioni civili che ancora non è abbastanza scoperta e valorizzata.<br />

Quali problemi possono emergere?<br />

Per quanto si conduca bene un processo di progettazione partecipata alla fine ci si accorge che sono mancate<br />

alcune informazioni o non sono stati consultati alcuni attori del territorio di cui non si conosceva l’esistenza o è<br />

stato sottovalutato un conflitto locale. Ciò non inficia sostanzialmente il risultato, però, tenendone conto, il processo<br />

sarebbe stato <strong>più</strong> ricco. Ma per principio la progettazione partecipata è un processo aperto e incrementale e<br />

perciò si può correggere in corso d’opera.<br />

www.comune.roma.it/uspel<br />

QUANDO. IN QUALE STADIO DEL PROCESSO DECISIONALE 37

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