PAZZINI 125 ANNI
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llora, duv’è ch’a sem arvènz? Dove siamo rimasti?, sarebbe<br />
in italiano. Quando sono arrivato a Verucchio, non ci sono<br />
arrivato da solo. Ero accompagnato da un cassone grosso,<br />
ma grosso sul serio, che pesava un’os-cia, e sopra c’era scritto:<br />
Dell’Orto, Monza. No, non c’era roba dell’orto di Monza, zucchine,<br />
cipolle, ravanelli, no, c’erano caratteri tipografici – spero<br />
che mi capite sin qui – sarebbero dei pezzettini di metallo fatti<br />
con una lega dove il piombo è in abbondanza (un buon 80%),<br />
unito a un elemento chimico che si chiama antimonio (che serve<br />
per indurire il piombo) e a un pochettino di stagno. In una delle<br />
due parti dei pezzettini di metallo – che dovevano essere tutti<br />
della stessa altezza – si trovava scolpita in rilievo una lettera<br />
dell’alfabeto o un numero o un segno, insomma quello che volete.<br />
Unito insieme a cento, a mille suoi fratelli, quel pezzetto di<br />
piombo, messo in riga, diventava una parola, si trasformava in<br />
un periodo, componeva una pagina. La cassa grossa che vi dicevo<br />
conteneva tanti cassetti, con un sacco di scomparti dentro,<br />
dove in ciascuno degli scomparti c’era una lettera dell’alfabeto.<br />
Erano le cassette dei caratteri tipografici. Dei cassetti contenevano<br />
i caratteri tondi, quelli che hanno la pancia piena, e dei<br />
cassetti contenevano i caratteri corsivi, quelli eleganti, che stanno<br />
un po’ più storti. Non ho finito: in ognuno dei cassetti dove<br />
stavano i tondi e i corsivi ci stavano le lettere “in maiuscolo” e<br />
“in minuscolo”. E poi c’erano i cassetti che contenevano i numeri,<br />
solo numeri. E nei cassetti che contenevano i caratteri e i<br />
numeri, le maiuscole e le minuscole, fuori c’era appiccicata una<br />
scritta: questi sono in “corpo 8”, questi in “corpo 10”, questi in<br />
“corpo 12”. Madonna che suppa! Ho fatto una fatica boia a raccontare<br />
tutto in fila, e adesso mi chiedete cosa vuol dire “i corpi”?<br />
Ma allora mi volete morto! Fatemi prendere una arfiadeda,<br />
che sarebbe poi come una boccata d’aria. Il corpo. Dunque, vediamo<br />
se mi ricordo quello che diceva il mio padrone Domenico<br />
a suo figlio Eugenio (perché Domenico ha avuto una moglie e<br />
dei figli, se mi resta tempo e fiato vi racconterò). Siccome erano<br />
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