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PAZZINI 125 ANNI

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scritto nei santini, l’Italia sarebbe un popolo di santi (oltre che<br />

di poeti e di scienziati, come diceva quel tale); ma cosa volete, di<br />

fronte alla morte si calmano le cattiverie, si spengono le voglie di<br />

vendetta, i giudizi si fanno meno duri e di chi è morto si preferisce<br />

mettere in risalto solo le cose buone. Non sorridete con me,<br />

io sono soltanto un esecutore, io stampo solamente… Quanti<br />

santini sono passati attraverso la mia pedalina? Tanti, tanti.<br />

Ogni morto verucchiese un santino, che veniva poi distribuito a<br />

parenti e amici durante la messa di suffragio che si diceva dopo<br />

un mese. Nel frattempo Eugenio riceveva dai parenti del defunto<br />

la foto e la “scritta” (quello che volevano si dovesse scrivere<br />

nel santino) e poi correva a Bologna, nella zincografia, per fare<br />

“la lastra”. Mi perdonerete se vi costringo ad una lunga parentesi<br />

per dare qualche informazione tecnica, ma anche le arti grafiche<br />

nel frattempo si erano evolute, e dai tempi del signor torchio<br />

mio predecessore se n’era fatta di strada. Ai tempi suoi<br />

(non so se ve ne ha parlato) per poter stampare un disegno o una<br />

immagine bisognava trasferire questa figura – con un procedimento<br />

complicato che non sto ora a spiegarvi – su di una pietra<br />

particolare, un calcare purissimo che viene estratto dalla Baviera<br />

dove esistono le cave più celebrate. La pietra: levigata, incisa,<br />

resinata, bagnata, ingrassata, insomma sottoposta ad una serie<br />

di trattamenti, passava poi sotto il torchio per la stampa, la cosiddetta<br />

“stampa litografica” (il termine deriva dal greco). Poi<br />

un giorno, verso i primi del nostro secolo, ci fu un americano che<br />

esperimentò e scoprì gli immensi vantaggi dello zinco rispetto<br />

alla pietra: minor peso, minor volume, nessun pericolo di rottura,<br />

procedimento più veloce, conservazione del prodotto per un<br />

tempo illimitato. L’officina zincografica di Bologna – così come<br />

del resto tutte le altre – procedeva alla lisciatura e alla pulitura<br />

perfetta della lastra di metallo, che poi veniva spalmata con un<br />

prodotto adatto per il successivo trattamento fotografico (resina<br />

bituminosa, albumina, colla, gomma speciale). Infatti la lastra<br />

così trattata non veniva incisa come si faceva prima per la pie-<br />

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