PAZZINI 125 ANNI

uno dei quattro colori fondamentali dai quali derivano, per sovrapposizione
e amalgama, tutti gli altri: giallo – rosso – blu –
nero. Pensate quindi quale perfezione, quale precisione millimetrica
(anzi, per essere puntigliosi: micrometrica) deve avere una
macchina per poter riprodurre una quadricromia che, per essere
tale e soddisfare l’occhio del tipografo – e del cliente – deve passare
e ripassare sotto pressa per ben quattro volte, e ogni volta
nella precisissima collocazione della precedente. Un capello di
differenza, un’invisibile inezia rovinerebbe irrimediabilmente il
lavoro, rivestendolo di aloni, di aureole, di contorni sfocati. Ma
la signora Heidelberg a mulinello non muoveva ciglio e, foglio
dopo foglio, con il battito regolare del suo cuore “crucco”, sfornava
copie perfette e brillanti sulla carta che proveniva dalle
rinomate cartiere Miliani di Fabriano. Anche se la vita continuava
a trascorrere “fra i stréll di mi burdìl e tra al cambièli”, si
stava aprendo lo spiraglio per coronare un desiderio: la raccolta
completa, in elegante volumetto, delle poesie dialettali scritte
dal 1927 in poi, sino alle recentissime. Il titolo? Oh, quello era il
meno, perché era già pronto dall’eternità. Il libro non poteva che
essere intestato al “bréch de’ mi Pitrìn”, riunendo così assieme,
in unica intestazione, due figure entrate nella leggenda – animale
e umana – di Verucchio. Cominciamo da “e’ bréch”: l’asino,
il somarello. Entra giovanissimo al servizio del suo padrone e
mette ben presto in risalto le doti che lo accompagneranno nella
vita: la robustezza e la resistenza alla fatica, la cocciutaggine
inossidabile, più da mulo che da somaro, e una vivace predisposizione
per le lingue, al punto che Pitrìn se intraprende lunghi
viaggi si dovrà far accompagnare da un certo Ricci, emigrato
in gioventù, perché costui “in franzèis ul bastunèva” gli dava
bastonate in lingua gallica; e il somaro capiva...
Carica e trasporta quotidianamente armadi vecchi, decrepite
madie, tarlati cassoni che il padrone va recuperando nelle casupole
del Montefeltro abbandonate; e quando, all’età di anni
49, “ammalato di dentro e spelato di fuori” tira le cuoia, avrà
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