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PAZZINI 125 ANNI

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l’iniziatore dell’azienda tipografica, se n’era andato in silenzio,<br />

per non dare fastidio. Ormai l’età aveva cominciato a farsi sentire,<br />

e sempre più di rado lo vedevamo di sotto, in “stamperia”<br />

come lui amava dire. Era rimasta inalterata la bonomia e l’arguzia,<br />

questo sì, e mi ricordo che si manifestava soprattutto nei<br />

colloqui e nelle battute con chi sapeva resistergli alla pari, primo<br />

fra tutti quell’indimenticabile, straordinario nipote Pietro<br />

Bernardi, Pitrìn per tutti, carrettiere, restauratore di mobili, trasportatore<br />

su ordinazione di qualsiasi cosa, mercante e frequentante<br />

di fiere, sensale, tornitore di bestemmie eleganti, mai sentite<br />

prima, inarrivabile narratore di barzellette, bevitore, misogino,<br />

buongustaio, intenditore raffinato, capace di scalare un<br />

casolare sperduto del Montefeltro per conquistare una forma di<br />

pecorino stravecchio. Ma anche quelle dispute, quelle veglie,<br />

lentamente si erano diradate, così come da tempo non si udivano<br />

più le note dell’amico bombardino, restituito alla banda municipale<br />

di Verucchio. Ritornò un giorno, lucido di ottone, per<br />

essere deposto sulla bara collocata nella navata centrale della<br />

chiesa parrocchiale. Anzi, per essere più precisi, in quella occasione<br />

venne deposto sul catafalco un vecchissimo “genis”, cioè<br />

uno strumento della categoria dei flicorni (così chiamati dal<br />

nome del musicista inventore) che imita la voce del contralto.<br />

Era quello stesso genis con il quale l’allora giovanissimo Domenico<br />

Pazzini – giovanissimo ma già bravissimo – aveva suonato<br />

un pezzo “a solo” per l’inaugurazione della chiesa Collegiata,<br />

avvenuta il 18 ottobre 1874. L’avevano rinvenuto, gli amici<br />

commossi, in un ripostiglio, abbandonato insieme ad altri strumenti<br />

musicali, e dopo averlo lucidato e risistemato l’avevano<br />

voluto riconsegnare al superbo esecutore, a Domenico, perché lo<br />

suonasse nelle lunghe notti di solitudine al cimitero di Villa.<br />

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