PAZZINI 125 ANNI
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lcuni anni dopo, nel 1937, un altro ramo del grande albero<br />
reclinava per sempre. Norberto Pazzini, uno degli esponenti<br />
di maggior rilievo della scuola pittorica dell’800, ritornava<br />
alla terra che aveva ritratto infinite volte con toni elegiaci,<br />
con pennellate vibranti e sensibili a un tempo. Era partito a 18<br />
anni dal paese natale per tentare l’avventura romana, fidando<br />
nella forte volontà, nel talento innato, nell’affetto e nel sogno dei<br />
suoi cari; e a Roma aveva incontrato il successo indiscusso della<br />
critica e del pubblico, entrambi affascinati dalla ispirazione virgiliana<br />
che permeava i suoi quadri, dalla serenità della composizione,<br />
dalla freschezza agreste dei paesaggi, quasi profumassero<br />
di spigo e di fiori di campo. A Roma aveva accolto e indirizzato<br />
sul sentiero dell’arte il nipote Edoardo (il fratello di Eugenio,<br />
di Enrica, di Maria) al quale era stato prodigo di consigli e di<br />
incoraggiamenti: perché zio premuroso, ma anche – chissà?.. –<br />
perché intuiva in lui, nelle sue prime manifestazioni pittoriche,<br />
l’ideale continuatore della sua scuola. E il nipote Edoardo l’aveva<br />
ricambiato di tante attenzioni così come può fare un artista:<br />
innestandosi nel filone lirico della sua pittura e ritrasferendone,<br />
in chiave e sensibilità moderne, l’armonia dei colori, la soavità<br />
delle atmosfere, il respiro poetico aleggiante negli aerei e spaziosi<br />
paesaggi romagnoli. La Romagna. La Romagna con i salici, le<br />
vigne, le zolle fresche d’aratro: una malìa, questa, che Norberto<br />
Pazzini aveva continuato a sentire durante tutta la sua esistenza<br />
romana e che cercava di temperare con frequenti ritorni alle<br />
amate colline. “E come a diciotto anni, vincendo ogni ostacolo,<br />
egli venne a Roma, così a ottant’anni, vincendo l’ostacolo della<br />
debolezza e della malattia, egli ritornò alla sua Verucchio, nella<br />
casa che lo vide nascere, per chiudere gli occhi là dove li aveva<br />
aperti alla luce”. Me le ricordo ancora a memoria queste parole,<br />
scritte per lui dal figlio Adalberto, avviato luminosamente verso<br />
la ricerca scientifica sino a diventare professore universitario di<br />
Storia della medicina, cattedratico e competentissimo divulgatore<br />
della materia. E mi ricordo a memoria anche il “santino”<br />
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