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PAZZINI 125 ANNI

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uon giorno, signori, buon giorno. Vi chiedo innanzitutto<br />

scusa se vi ho fatto un po’ aspettare, ma ritenevo non solo<br />

un gesto di cortesia, ma mio dovere accompagnare il vecchio<br />

narratore al suo angolo. Era troppo commosso, come avete<br />

potuto notare, e temo che da solo non ce l’avrebbe fatta. Eccomi<br />

dunque a voi. Innanzitutto mi presento: sono LA PEDALINA,<br />

la pedalina birichina. Ma sì, lasciatemi scherzare e giocare con<br />

le parole, senza fare quella faccia un po’ stranita. Cercate di capirmi:<br />

a forza di stare nella Tipografia Pazzini, a contatto prima<br />

con Domenico, pieno di bonomia e di humor e poi con quel tipo<br />

di Eugenio, con il quale ho condiviso anni di lavoro, d’impegno<br />

e di svago, mi è venuta – e mi è rimasta – la voja ’d scherzè,<br />

il gusto per la battuta sorridente. Torniamo seri. Appartengo<br />

al ceppo delle cosiddette “macchine a plàtina” (più corretta la<br />

pronuncia sdrucciola rispetto a quella piana: platìna), famiglia<br />

di macchine il cui antico modello è il torchio. Ecco perché – se<br />

mi consentite l’accostamento – sono orgogliosa di essere in un<br />

certo senso la discendente di chi mi ha preceduto nella narrazione.<br />

Il torchio, da cui derivo, è la più originale traduzione pratica<br />

di un’idea luminosa che venne un giorno dell’anno 1450 al<br />

signor Johann Genfleishc, detto Gutenberg, osservando il funzionamento<br />

di uno strettoio da uva. Se la forza del pigiatore,<br />

che faceva girare una enorme vite di legno, riusciva spremere il<br />

succo degli acini, perché non tentare qualcosa di simile – pensò<br />

il nostro Gutenberg – con inchiostri, carta, parole, in modo che<br />

il succo (non dell’uva, ma delle idee, del pensiero umano) potesse<br />

essere “spremuto” e conservato per sempre? Gutenberg ne<br />

parlò con un suo amico falegname, il quale tradusse in realizzazione<br />

pratica, nel suo rustico laboratorio, l’idea iniziale. Pure<br />

in legno, intagliati da abilissimi artigiani della Renania, furono<br />

i “caratteri mobili”, che servivano per la composizione a mano<br />

delle pagine. Fu così che nello spazio di pochi anni dal rudimentale<br />

torchio di Magonza uscirono le prime opere tipografiche.<br />

La tecnica non poteva che essere primitiva, agli albori, ma la<br />

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