PAZZINI 125 ANNI

in un raccoglitore. Sulle matrici, che una volta discese nel compositoio
sono diventate una bella e ordinata riga, viene immesso
dall’alto del piombo fuso che, appena consolidato, fuoriesce sotto
forma di un lingotto, di corpo e di lunghezza esatta a quella
che era stata prescelta dal compositore. Giusto, se c’è piombo
fuso vuol dire che c’è fonderia, se no non si spiegano neppure
le fiamme e i vapori di piombo del mio racconto. Accanto alla
tastiera, infatti, sistemata in un capace serbatoio mantenuto ad
altissima temperatura, bolle del piombo liquido che al momento
opportuno, dietro comando dell’operatore, viene spinto da uno
stantuffo contro le matrici di bronzo allineate, condensandosi
poi in un bel lingotto di metallo. E così, lingotto dopo lingotto,
le righe si accumulano sino a completare, ad esempio, la pagina
di un testo che verrà poi stampato con le normali macchine
tipografiche. Le matrici che hanno servito per la composizione
dove vanno poi a finire? Muoiono? Macché? State a sentire.
Catturate da un braccio mobile meccanico, vengono sollevate
e “consegnate” – se così si può dire – ad un ingegnosissimo distributore,
costituito da una vite senza fine, che, sulla base delle
tacche speciali e “personali” che ogni lastrina porta sul dorso, le
fa automaticamente ricadere, al momento giusto, in dieci, venti,
cinquanta corsie apposite che le riportano alle dieci, venti, cinquanta
scatoline da dove erano state inizialmente prelevate.
Che ne dite, eh? è proprio vero che l’intelligenza degli uomini
non ha confini. Con un’invenzione tanto ingegnosa non vi sarà
difficile spiegarvi il successo incontrato da questo nuovo, originalissimo
macchinario. Le grandi aziende tipografiche, quelle
che stampano i giornali, ad esempio facevano a gara per avermi,
perché anche stando a quel poco che vi ho detto, potete già
immaginare che risparmio si otteneva nei tempi di composizione
e – di riflesso – sui costi di stampa. L’unico difetto, a proposito di
costi… era il costo. Alto, troppo alto per Eugenio “anteguerra”,
appena appena tollerabile per l’Eugenio che nei primi anni del
dopoguerra si stava “rifacendo le costicce”, come dicono i con-
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