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PAZZINI 125 ANNI

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quiava con la morte in piena, lucida serenità, e salutava i tanti<br />

buoni che l’avevano amato nel modo che gli era più congeniale:<br />

con una poesia, l’ultima. L’ultima che compose, l’ultima che io<br />

ho stampato, e questa volta non in un libretto, ma sul “santino”<br />

a lui dedicato.<br />

E quand a santiroi<br />

sunè i rintoch<br />

da cla campena<br />

che l’avnunziarà<br />

che e’ nost Eugenio<br />

un sarà piò fra d’nun<br />

a m’aracmand<br />

gìgli, gìgli ma tôtt<br />

che sea ad dè<br />

oppur che sea ad sera<br />

a d’nu scurdè<br />

e’ lievit d’na preghiera.<br />

(E quando la campana, col suo rintocco inconfondibile, avrà<br />

annunciato che Eugenio non è più qui tra noi, ditelo – mi raccomando<br />

– ditelo a tutti, sia che avvenga di giorno, sia che capiti<br />

di sera, di non dimenticare il lievito di una preghiera).<br />

Era l’agosto 1984, un agosto pieno di stelle come quello che il poeta<br />

della vostra terra, Giovanni Pascoli, descrisse in una famosa<br />

lirica. In una notte stellata l’ultimo della vecchia “casata” Pazzini<br />

lasciava la terra per continuare con i suoi indimenticati cari, nei<br />

silenzi della notte eterna, quei colloqui, mai interrotti, intrisi di<br />

tenerezza e di amore.<br />

~ 71 ~

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