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faccia rettangolare, a margini regolari e leggermente ricurvi, accennanti<br />
ad aver appartenuto ad una costruzione curvilinea e con la coda<br />
a cuneo, simili a quelli impiegati nelle belle costruzioni dei templi<br />
nuragici di Serri, di S.Cristina, di Sardara, di Nuragus (…).»<br />
«Dopo gli scavi fatti nei templi nuragici dai quali è risultato che quel<br />
tipo di materiale accuratamente lavorato apparteneva ad edifici religiosi,<br />
sempre si cercò da qual parte dell’edificio nuragico di Losa potessero<br />
provenire tali materiali. Per qualche tempo ritenni che questi conci<br />
lavorati fossero stati trasportati per qualche ragione al nuraghe, dal<br />
pozzo detto del Losa, situato a 500 metri dal nuraghe, pozzo di cui con<br />
l’assistenza del compianto dottor Porro ho ripuliti i resti del fondo, rivestito,<br />
come si vede dall’unito schizzo (figg. 10 e 11) di filari in conci<br />
basaltici diligentemente murati. Ma la distanza relativa dal pozzo al<br />
nuraghe era di per se stessa un argomento sufficiente per escludere tale<br />
origine dei massi lavorati trovati intorno a Losa» (TARAMELLI, 1916).<br />
Riteneva, infatti, il Taramelli che i conci e distinti reperti di evidente<br />
natura cultuale (“base di colonna o betilo”; “capitello in trachite”,<br />
la protome di navicella in bronzo) fossero caduti da un «sacello,<br />
Fig. 24. Abbasanta, Nuraghe<br />
Losa: il pozzo o fonte sacra<br />
nella documentazione fotografica<br />
del primo Novecento.<br />
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