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[PDF] untitled - Sardegna Cultura

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o più ancora dall’iscrizione punica che menziona lavori di costruzione<br />

di un’area sacra (provvista di altari e cisterne ) a Bithia, in un’epoca<br />

che è ora riferita all’età di Marco Aurelio» (MASTINO, 1993).<br />

«Iscrizioni neopuniche quindi tarde anche sulla base dei caratteri<br />

delle lettere sono documentate a Karales, Nora, Sulci, Tharros. La<br />

più tarda iscrizione – in caratteri latini ma in lingua punica – potrebbe<br />

essere a giudizio di F.Barreca, l’invocazione rufù, nel senso “guarisci”,<br />

incisa ripetutamente in età costantiniana sulle pareti dell’ipogeo<br />

di Ercole Salvatore, a breve distanza da Tharros, ancora dunque<br />

in pieno ambito urbano» (MASTINO, 1993).<br />

Riproponendo ora l’attenzione sul tema più generale del riuso del<br />

costruito e della riconversione di funzione dei siti nuragici, è da<br />

osservare che l’argomento medesimo tende a diversificarsi e a specializzarsi,<br />

vuoi in rapporto con le grotte naturali, vuoi con i luoghi<br />

funerari, le tombe di giganti e con i luoghi di culto; taluni nuraghi<br />

accedono alla stessa funzione sepolcrale (il Su Nuraxi di Barumini, il<br />

Sa Jacca di Busachi); altri invece, assumono la sede e la funzione di<br />

luoghi di culto, a Demetra e Core, di matrice agraria. Si richiamano,<br />

al riguardo, fra gli altri, il nuraghe Lugherras di Paulilatino e il Genna<br />

Maria di Villanovaforru, il quale ultimo, registra le testimonianze del<br />

culto tra il IV sec. a.C. e il VII d.C.<br />

Il culto agrario prende cioè avvio dal IV sec. a.C,, in temperie culturale<br />

punica.<br />

Il dato temporale e la fisionomia del contesto di ambito cultuale<br />

segnano un evidente superamento di precedenti esperienze differenziate<br />

di orizzonte fenicio, precoloniale, a Santa Cristina di<br />

Paulilatino, fenicio e punico, al tofet di Tharros e al tempio di Antas,<br />

e di ambito punico, entro il medesimo areale tharrense, al tempio a<br />

pozzo nuragico di Cuccuru S’arriu – Cabras (BARRECA, 1986) e, in<br />

termini decisamente problematici, alla fonte (punica ? o romana<br />

tardo-repubblicana?) di Mitza Sàlamu di Dolianova (SALVI, 1993).<br />

La maniera ampiamente esemplificativa con cui il dato cultuale di<br />

ambito agrario si manifesta al Genna Maria di Villanovaforru suggerisce<br />

di darne ora conto, seppure per linee ovviamente essenziali.<br />

Gli spazi di culto sono il cortile a cielo aperto e la camera terrena<br />

della torre centrale, dove è da ipotizzare il sacello con il simulacro,<br />

gli oggetti sacri e la mensa. Le offerte sono costituite da 600 lucerne,<br />

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