R. GAROFOLI-G.FERRARI, Manuale di diritto amministrativo,
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Si tratta <strong>di</strong> verificare, a <strong>di</strong>sciplina vigente, come e con quali meccanismi processuali il <strong>di</strong>spiegarsi del<br />
suddetto principio <strong>di</strong> conservazione può essere assicurato.<br />
In particolare ci si domanda se i giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> merito possano <strong>di</strong>sporre la translatio.<br />
Anche alla stregua della sola sentenza della Consulta, dovrebbe comunque ritenersi consentito in sede <strong>di</strong><br />
declinatoria <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione fare salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda.<br />
Si tratta <strong>di</strong> verificare se tale salvezza possa essere <strong>di</strong>sposta dallo stesso giu<strong>di</strong>ce che declina la giuris<strong>di</strong>zione o<br />
se, invece, trattandosi <strong>di</strong> profili valutativi ormai rientranti nella cognizione del giu<strong>di</strong>ce ad quem, spetti a<br />
quest’ultimo fare applicazione del principio <strong>di</strong> salvezza degli effetti.<br />
Al giu<strong>di</strong>ce che declina la giuris<strong>di</strong>zione spetta comunque il compito <strong>di</strong> fissare un termine entro cui le parti<br />
devono attendere alla riassunzione perché possano fruire della conservazione degli effetti.<br />
A chi spetta <strong>di</strong>sporre la salvezza degli effetti? (titoletto)<br />
La giurisprudenza ha avuto a più riprese <strong>di</strong> occuparsi dei segnalati problemi interpretativi.<br />
In tema è <strong>di</strong> intervenuto Cons. St., sez. VI, 13 marzo 2008, n. 1059, secondo cui il giu<strong>di</strong>ce <strong>amministrativo</strong><br />
che declina la giuris<strong>di</strong>zione deve in primo luogo rimettere le parti davanti al Giu<strong>di</strong>ce or<strong>di</strong>nario affinché <strong>di</strong>a<br />
luogo al processo <strong>di</strong> merito: tale rimessione, invero, da un lato, evita “l'inaccettabile conseguenza <strong>di</strong> un<br />
processo, che si debba concludere con una sentenza che confermi soltanto la giuris<strong>di</strong>zione del giu<strong>di</strong>ce<br />
a<strong>di</strong>to senza decidere sull'esistenza o meno della pretesa” (Cass. sez. un. n. 4109/2007), e, dall’altro, è<br />
funzionale alla riconosciuta esigenza <strong>di</strong> far salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda).<br />
Il giu<strong>di</strong>ce che declina la giuris<strong>di</strong>zione deve anche precisare che sono salvi gli effetti sostanziali e processuali<br />
della domanda: a tale precisazione da parte del giu<strong>di</strong>ce che pure declina la giuris<strong>di</strong>zione non osta, infatti, la<br />
circostanza che sarà poi il Giu<strong>di</strong>ce ad quem a dover fare applicazione del principio della salvezza degli<br />
effetti.<br />
Del resto –sostiene la sesta sezione- è la stessa sentenza della Corte costituzionale n. 77/2007 a<br />
confermare implicitamente che la <strong>di</strong>chiarazione della salvezza degli effetti non è prerogativa esclusiva del<br />
Giu<strong>di</strong>ce ad quem, perché, altrimenti, la questione <strong>di</strong> costituzionalità dell’art. 30 L. n. 1034/1971 (e cioè <strong>di</strong><br />
una norma che trova applicazione nel processo <strong>amministrativo</strong>) avrebbe dovuto essere <strong>di</strong>chiarata<br />
inammissibile per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> rilevanza.<br />
La Corte costituzionale, invece, ha <strong>di</strong>chiarato illegittima tale norma nella parte in cui non prevede che “gli<br />
effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giu<strong>di</strong>ce privo <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione si<br />
conservino, a seguito <strong>di</strong> declinatoria <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione, nel processo proseguito davanti al giu<strong>di</strong>ce munito <strong>di</strong><br />
giuris<strong>di</strong>zione”.<br />
In tal modo la Corte sembra riconoscere che quella relativa alla conservazione degli effetti della domanda<br />
è una questione che rileva, in primo luogo, davanti al Giu<strong>di</strong>ce che declina la giuris<strong>di</strong>zione.<br />
Quale è il termine entro cui la salvezza degli effetti opera?<br />
Infine, onde, evitare l’inconveniente, evidenziato in dottrina, <strong>di</strong> una azione sospesa sine <strong>di</strong>e, e come tale sine<br />
<strong>di</strong>e nella <strong>di</strong>sponibilità assoluta <strong>di</strong> una delle parti, insieme alla precisazione della salvezza degli effetti, il<br />
giu<strong>di</strong>ce che declina la giuris<strong>di</strong>zione deve fissare un termine entro cui tale salvezza opera.<br />
Al riguardo, la sesta Sezione ritiene applicabile analogicamente, l’art. 50 c.p.c., anche perché, con<br />
l’affermazione del principio della translatio anche tra <strong>di</strong>verse giuris<strong>di</strong>zioni (e non sono tra <strong>di</strong>versi giu<strong>di</strong>ci<br />
appartenenti allo stresso plesso giuris<strong>di</strong>zionale), il <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>venta per molti aspetti analogo<br />
al <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> competenza del giu<strong>di</strong>ce a<strong>di</strong>to.<br />
L’art. 50 c.p.c. prevede che sia lo stesso giu<strong>di</strong>ce che si <strong>di</strong>chiara incompetente a fissare il termine per la<br />
riassunzione davanti al giu<strong>di</strong>ce ritenuto competente; in mancanza <strong>di</strong> tale in<strong>di</strong>cazione, il termine per la<br />
riassunzione è <strong>di</strong> sei mesi dalla comunicazione della sentenza 87.<br />
giu<strong>di</strong>ce privo <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione, atteso che il principio della translatio ju<strong>di</strong>cii è operante anche nei rapporti fra giu<strong>di</strong>ce <strong>amministrativo</strong> e giu<strong>di</strong>ce<br />
or<strong>di</strong>nario”. In termini, Cons. St., sez. VI, 17 gennaio 2008, n. 111; Tar Sicilia Palermo, sez. I, 03 ottobre 2007, n. 2053. Da ultimo,<br />
Cons. St., sez. VI, 13 marzo 2008, n. 1059.<br />
87 In termini, Tar Lazio Latina, sez. I, 12 <strong>di</strong>cembre 2007, n. 1571, secondo cui “ai fini della translatio iu<strong>di</strong>cii successiva alla<br />
declaratoria <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione, in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> una norma <strong>di</strong> rito <strong>di</strong>versamente regolatrice in via speciale del rapporto controverso, il ricorrente deve<br />
riassumere la causa presso la competente autorità giu<strong>di</strong>ziaria, in<strong>di</strong>cata dal giu<strong>di</strong>ce sfornito <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione, entro il termine perentorio <strong>di</strong> sessanta giorni<br />
decorrenti dalla comunicazione della sentenza, o notifica se anteriore, ovvero, in <strong>di</strong>fetto dell'una e dell'altra, entro sei mesi dal deposito della decisione<br />
nella segreteria della sezione<br />
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