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Il Principe - Treccani

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di offrirne una sua personale visione. In quelle poche<br />

pagine, a seconda delle epoche e della sensibilità, ma<br />

anche dei pregiudizi di chi lo leggeva, si è visto in<br />

effetti di tutto. Un’archeologia del potere, condotta<br />

con tale precisione e libertà di giudizio da poter offrire<br />

argomenti e suggerimenti pratici sia ai potenziali<br />

tiranni sia ai difensori della libertà e del governo popolare.<br />

Un testo fondante della moderna scienza della<br />

politica, nel quale si spiega come si possano, attraverso<br />

l’uso della ragione e attingendo agli insegnamenti della<br />

Storia, governare i conflitti e fondare ordinamenti<br />

stabili. Una dissertazione disincantata sulla natura<br />

umana, sulle passioni e i sentimenti elementari che in<br />

ogni epoca orientano le azioni individuali e collettive.<br />

Una composizione letteraria nel segno dell’empietà,<br />

della critica ai precetti della religione cristiana e del<br />

rifiuto di qualunque norma morale. Un’apologia della<br />

forza e dell’inganno che esprime il cinismo dell’epoca<br />

in cui l’opera fu scritta. Un manifesto politico che ha<br />

avuto la forza di anticipare le aspirazioni degli Italiani<br />

all’unità nazionale e statuale. E si potrebbe continuare,<br />

tante sono state le chiavi interpretative utilizzate per<br />

penetrare l’essenza o il segreto del <strong>Principe</strong>.<br />

Ciò spiega perché non sia facile – a cinquecento<br />

anni dalla sua stesura originaria, così come attestata<br />

dalla mano dell’Autore (lasciando dunque da parte le<br />

discussioni sulla data eventuale entro la quale il testo<br />

sarebbe stato completato) – offrirne una lettura che,<br />

per quanti progressi abbia fatto nel frattempo la critica<br />

scientifica, possa dirsi definitiva, autentica o la più<br />

INTRODUZIONE<br />

5<br />

rispondente alle intenzioni effettive di Machiavelli.<br />

Siamo infatti in presenza di uno scritto che trae gran<br />

parte del suo originario e perdurante fascino intellettuale<br />

proprio dall’ambiguità, meglio, dall’ambivalenza<br />

intrinseca, che lo caratterizza. Un testo all’apparenza<br />

semplice e d’immediata comprensione, vergato con<br />

uno stile essenziale e di precisione all’apparenza<br />

chirurgica, ma che ad una lettura attenta si scopre<br />

essere complesso e stratificato, non esente da contraddizioni<br />

interne, strutturato in modo asimmetrico,<br />

capace di condensare in poche pagine una massa<br />

enorme di suggestioni, argomenti e prospettive, che<br />

si presenta oscillante quanto all’oggetto realmente<br />

trattato sin dal titolo, che suona De principatibus in<br />

latino, e dunque parrebbe riferirsi primariamente ad<br />

un modello politico, ad un tipo di regime o ordine<br />

politico, e <strong>Il</strong> <strong>Principe</strong> nella sua versione volgare e oggi<br />

da tutti accettata, il che significa porre invece l’accento<br />

sui fattori caratteriali e psicologici, sui comportamenti<br />

e le scelte, che debbono caratterizzare un capo politico<br />

che voglia lasciare il proprio segno nella storia o più<br />

semplicemente porsi alla guida di una comunità con<br />

mano ferma.<br />

Non esiste insomma un modo di leggere <strong>Il</strong> <strong>Principe</strong><br />

che possa dirsi più esatto o giusto o corretto degli altri,<br />

e che magari cerchi di piegarlo, beninteso con le migliori<br />

intenzioni, alla scala di valori e alla sensibilità degli<br />

uomini del XXI secolo. Se ciò fosse possibile non si<br />

spiegherebbero le dispute e le controversie che lo hanno<br />

accompagnato nel corso dei secoli e i fraintendimenti

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