Il Principe - Treccani
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La domanda che lo studioso di Machiavelli non può<br />
non rivolgersi quando sia stato invitato a presentare<br />
il catalogo di una mostra dedicata al cinquecentenario<br />
del <strong>Principe</strong> è cosa sappiano di questo piccolo libro<br />
non, com’è ovvio, i cultori della materia, che è da ritenere<br />
sappiano tutto, ma quanti a visitarla saranno stati<br />
spinti da una generica curiosità o da qualche circostanza<br />
comunque estrinseca. La sua non è tuttavia una<br />
domanda retorica. Nasce anch’essa da una forma di<br />
curiosità, dal desiderio di sapere che cosa, nella media<br />
coscienza degli Italiani, rappresenti questo piccolo<br />
libro, che fu per secoli giudicato come il manuale di<br />
tutte le nefandezze, di tutte le astuzie, di tutte le<br />
crudeltà di cui s’intesse la politica intesa come espressione<br />
non del diritto, ma della forza, non dell’etica,<br />
ma della sua sistematica violazione, come il codice dei<br />
tiranni, che gli uomini liberi non possono non odiare.<br />
Nasce anche, debbo ammetterlo, dalla curiosità relativa<br />
alla conoscenza effettiva che oggi, mediamente,<br />
si ha, non solo delle sue pagine e dell’età alla quale<br />
appartengono, ma dell’autore stesso che le scrisse.<br />
L’uomo che aveva avuto un volto, che era stato parte<br />
attiva e importante della politica fiorentina dal 1497<br />
al 1512, e che, post res perditas, aveva scritto, insieme<br />
GENNARO SASSO<br />
Presentazione<br />
9<br />
ad altre cose, il libro del <strong>Principe</strong>, fu presto reso vittima<br />
di una leggenda che lo trasformò in una maschera,<br />
lo assunse come l’Idealtypus dell’uomo malvagio,<br />
maestro di trame e di inganni. La conseguenza sul<br />
serio paradossale fu che, a misura che la fama del suo<br />
nome si spandeva per il mondo, e le edizioni delle sue<br />
opere si moltiplicavano, il suo pensiero subiva le più<br />
gravi deformazioni, la conoscenza stessa della sua vita<br />
decadeva ai più bassi livelli: non senza una ragione,<br />
del resto, perché a quale scopo ci si sarebbe dovuti<br />
interessare alla ricostruzione della vita di uno che era<br />
presto stato trasformato nella maschera tragica e grottesca<br />
di un figlio del demonio, venuto al mondo per<br />
riempire le menti di sogni delittuosi e per demolire<br />
dalle fondamenta la Chiesa di Cristo?<br />
Così il Machiavelli della storia divenne l’old Nick<br />
della commedia elisabettiana. Come presunto consigliere<br />
di inganni, doppiezze, e varia malvagità, divenne<br />
anche il simbolo di un popolo che da tempo non era<br />
più un soggetto attivo di storia, e, nella rappresentazione<br />
che gli stranieri ne davano, coniugava la rassegnazione<br />
politica con l’arte di sopravvivere nel segno<br />
della doppiezza e del tradimento. A rimettere le cose a<br />
posto, a porre fine alla leggenda nera che accompagnava