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Il Principe - Treccani

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l’osservanza delle leggi, con l’intento di sottolineare<br />

che Mussolini è in realtà impotente prigioniero di forze<br />

da lui stesso scatenate: «avrebbe Machiavelli permesso<br />

una situazione simile? non di certo. egli ben sapeva<br />

che uno Stato deve perire se dei bravacci privilegiati<br />

possono commettere crimini senza restrizioni di sorta».<br />

nel chiudere, non senza aver di nuovo ribadito il<br />

convincimento che la democrazia «si risveglierà» dal<br />

sonno della «pigrizia morale», Matteotti sembra quasi<br />

offrire al Duce quella che, pur nell’intento polemico,<br />

finisce per assomigliare a una specie di soluzione politica<br />

o via d’uscita: anziché dedicarsi alle «crude effusioni»<br />

su Machiavelli, pensi a «epurare», «purificare»<br />

(to cleansing) il fascismo, «la cui pubblica azione tende<br />

a infamare l’italia di fronte al mondo intero».<br />

e nel rileggere queste parole sapendo in anticipo<br />

ciò che attende chi le ha messe nero su bianco, ma<br />

anche ripensando alla fine ingloriosa del regime e a<br />

quella spaventosissima che toccherà in sorte al suo<br />

capo, di nuovo acquista un terribile valore di verità la<br />

scritta istoriata sulla lama della spada delle nere legioni.<br />

Con le parole non si mantengono gli Stati. anche<br />

perché a un certo punto il popolo, quest’entità così<br />

svalutata da Mussolini, si impossessa di quella spada e<br />

trova il modo di levarsi di torno chi l’ha portato alla<br />

fame e alla disfatta.<br />

Dopo di che, con qualche ragionevole superficialità,<br />

si può dire che per tanti anni il <strong>Principe</strong> uscì dall’orizzonte<br />

funzionale della politica. all’indomani del fascismo<br />

era salita al comando una classe dirigente di catto-<br />

FiLiPPo CeCCaReLLi<br />

322<br />

lici che di Machiavelli e della sua pedagogia diffidavano<br />

istintivamente, come sentendovi puzza di zolfo e/o di<br />

bruciato, comunque un supplemento demoniaco che<br />

andava ad aggiungersi ai normali guai che comportava<br />

il potere.<br />

Vero è che i democristiani disponevano di altri<br />

canoni per dare voce alle loro ombre e coltivare quella<br />

specifica malizia che si ispirava semmai a modelli gesuitici<br />

e curiali. incardinati e al tempo stesso lacerati e<br />

talvolta addirittura giustificati dalla coscienza del<br />

peccato originale, gli uomini dello scudo crociato esercitarono<br />

per quasi mezzo secolo una forma di realismo<br />

a tratti anche spietato di cui fanno fede celebri formule<br />

andreottiane quali «il potere logora chi non ce l’ha» o<br />

«a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca sempre»<br />

(quest’ultima, non per nulla, presa in prestito dalla<br />

sconsolata sapienza del cardinal Marchetti Selvaggiani).<br />

e tuttavia questa particolare variante di cinismo,<br />

non a caso costantemente qualificata dai reverendi<br />

padri della «Civiltà cattolica» come «machiavellismo<br />

pratico», doveva essere per sua natura incompleta e<br />

intermittente, non potendo cioè interamente e permanentemente<br />

condizionare le sorti della DC. Quando<br />

ciò avvenne, ossia quando la più insensibile spudoratezza<br />

prevalse su qualsiasi ispirazione democratica e<br />

cristiana, la DC cessò semplicemente di esistere. e a<br />

riprova vale qui riportare ciò che disse nel 1994<br />

Giuseppe Dossetti, tornato brevemente a far politica<br />

per difendere la Costituzione dopo l’esperienza nel<br />

deserto, della terra Santa e dei monasteri: «noi in

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