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Il Principe - Treccani

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François Mitterrand fotografato a Château-Chinon nel 1995,<br />

poco prima della fine del suo secondo<br />

mandato come presidente della Repubblica francese<br />

(© Gérard Rancinan/Sygma/Corbis)<br />

La prova più chiara che <strong>Il</strong> <strong>Principe</strong> è un’orazione è<br />

l’Esortazione a liberare l’Italia dai barbari che conclude<br />

l’opuscolo. Le regole della retorica classica prescrivono<br />

infatti che l’orazione politica, per essere persuasiva, deve<br />

chiudersi, dopo un breve riassunto delle tesi proposte,<br />

con una peroratio o exhortatio in cui l’oratore tocca le<br />

passioni degli ascoltatori, o dei lettori, affinché deliberino<br />

o operino secondo i suoi consigli. a tal fine l’oratore<br />

deve usare soprattutto l’indignatio, per muovere allo<br />

sdegno, e la conquestio, per suscitare compassione. nel<br />

primo caso deve sottolineare che il fatto è tetro, crudele,<br />

nefario, e tirannico; nel secondo deve insistere soprattutto<br />

sull’innocenza della vittima ed enfatizzare la sua debolezza.<br />

Da buon oratore qual è, Machiavelli mette diligentemente<br />

in pratica gli insegnamenti dei maestri classici.<br />

il capitolo conclusivo dell’opera è un’esortazione<br />

MauRizio ViRoLi<br />

340<br />

costruita secondo la tecnica dell’indignatio e della conquestio.<br />

Per muovere allo sdegno un possibile redentore<br />

sottolinea le «crudeltà et insolenzie barbare»; per suscitare<br />

compassione descrive l’italia «più stiava che li ebrei, più<br />

serva ch’e’ persi, più dispersa che gli ateniesi: sanza capo,<br />

sanza ordine, battuta, spogliata, lacera, corsa» che ha<br />

sopportato «d’ogni sorte ruina».<br />

Diversamente dai molti cultori contemporanei della<br />

scienza politica, che aborrono la retorica e prediligono<br />

le formule matematiche, ritengo che una delle lezioni<br />

più valide del <strong>Principe</strong> sia proprio la grande abilità che<br />

Machiavelli ha dimostrato di saper contemperare analisi<br />

rigorosa e scrittura coinvolgente: ragione ed eloquenza,<br />

come appunto insegnavano i maestri della retorica classica.<br />

Con le sue opere ci ha insegnato che non è affatto<br />

necessario che gli scritti sulla politica siano aridi o noiosi,<br />

o oscuri. Se facessimo tesoro del suo esempio, avremmo<br />

non solo migliori scritti politici, ma anche un’azione<br />

politica più nobile e degna di ammirazione.<br />

Per altri interpreti, infine, il vero pregio del <strong>Principe</strong><br />

consiste in primo luogo nell’essere un testo sul<br />

fondatore di Stati e sul redentore politico. Lo capì<br />

bene hegel, quando scrisse che la Germania doveva<br />

imparare la lezione del <strong>Principe</strong> di Machiavelli, se<br />

voleva conquistare l’unità politica e la dignità di<br />

nazione: «ci fu un uomo di Stato italiano che nel pieno<br />

sentimento di questa condizione, di miseria universale,<br />

di odio, di dissoluzione, di cecità concepì, con freddo<br />

giudizio, la necessaria idea che per salvare l’italia bisognasse<br />

unificarla in uno Stato. Con rigorosa conse-

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