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Il Principe - Treccani

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Passano 14 mesi e nel febbraio del 1994, in singolare<br />

coincidenza con la campagna elettorale conseguente<br />

alla discesa in campo, la Silvio berlusconi<br />

editore ripropone il volume in un’edizione economica<br />

(24.000 lire) e con una tiratura più ampia.<br />

anche questo secondo <strong>Principe</strong> di ordine napoleonico-berlusconiano<br />

si configura come un perfetto<br />

prodotto dei tempi: una sorta di compromesso di<br />

sontuosa ricercatezza e rivendicata cultura aziendale,<br />

con tanto di pretese araldiche dispiegate nel logo della<br />

Fininvest che compare sulla copertina17 .<br />

La prefazione del Cavaliere è la stessa dell’edizione<br />

extralusso. Ma a seguire se ne aggiunge un’altra,<br />

due pagine e mezzo, sempre in corsivo, invero<br />

molto specialistiche a proposito del falsario napoleonico;<br />

e davvero molto attente agli aspetti filologici<br />

del <strong>Principe</strong>; e infine forse troppo severe nei<br />

confronti dei contenuti etici dell’opera di Machiavelli,<br />

su cui già berlusconi aveva espresso delle<br />

riserve: «Queste pagine, pur geniali e affascinanti,<br />

mi sono parse talora troppo lucide e razionali, forse<br />

poco umane».<br />

in questa seconda presentazione, con l’autorevole<br />

sussidio di un cardinale, di un diplomatico contemporaneo<br />

del Machiavelli e di un padre gesuita che lo<br />

giudica «dannato autore», il futuro presidente del<br />

Consiglio insiste sulla cattiva considerazione dell’opera<br />

da lui stesso riedita e già inviata come regalo di natale.<br />

IL PRINCIPE e Lo SPeCChio DeL PoteRe<br />

17 <strong>Il</strong> <strong>Principe</strong> di Niccolò Machiavelli annotato da Napoleone Buonaparte, cit., nuova ed., 1994.<br />

329<br />

Come se temesse, in campagna elettorale, di presentarsi<br />

al pubblico come un alfiere della spregiudicatezza<br />

prestando il fianco a qualche polemica. Ma tant’è.<br />

a domanda diretta e doverosa, Marcello Dell’utri<br />

ci tiene a chiarire – in qualità di «testimone oculare e<br />

auricolare», come specificato nel corso di un cortese<br />

contatto telefonico – che a scrivere la prefazione del<br />

dicembre 1992 fu effettivamente berlusconi. Con il<br />

debito scetticismo nei confronti delle prove letterarie<br />

degli uomini ricchi e potenti, non ci sarebbero poi<br />

troppe ragioni per dubitarne.<br />

Se il Preludio di Mussolini colpisce per l’energica,<br />

sbrigativa intensità con cui il duce si prenotava un<br />

posto nella storia, e il testo giornalistico di Craxi-<br />

Gerardi si fa notare per la scoperta funzione di attacco<br />

politico al PCi, le paginette di berlusconi paiono poco<br />

più che di circostanza. anche se a loro modo sono<br />

rivelatrici.<br />

Come i suoi predecessori, dopo un minimo di<br />

inquadramento storico, il Cavaliere giudica l’opera di<br />

Machiavelli valida «anche ai nostri giorni», ma ne<br />

estende l’utilità a «tutti coloro che gestiscono posizioni<br />

di responsabilità», quindi non solo ai politici, e lui<br />

allora non lo era. Ciò detto, sarebbe temerario azzardare<br />

l’ipotesi che nel menzionare in conclusione l’auspicio<br />

che «dopo tanto tempo l’italia vegga uno suo<br />

redentore», il futuro presidente stesse pensando a se<br />

stesso e a quell’impegnativo ruolo.

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