Il Principe - Treccani
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potrebbe definire la costruzione e la manutenzione<br />
dell’immagine del Capo del governo. E quindi otto<br />
anni dopo la pubblicazione del Preludio, il numero di<br />
«Gerarchia» che lo conteneva e gli appunti manoscritti<br />
che l’avevano preparato furono esposti quale autentico<br />
oggetto di culto nella Mostra per il decennale della<br />
Rivoluzione Fascista, allestita nel 1932 al Palazzo delle<br />
Esposizioni di Roma4 .<br />
«Tutto nasce da Lui – si poteva leggere su un<br />
grande cartello. Tutti ricorrono a Lui. L’Italia si<br />
sveglia ogni mattina con Lui». Disposta fra la Galleria<br />
dei Fasci e il Sacrario dei Martiri come cuore palpitante<br />
e spettacolare della mostra, la Sala T, che il genio ideativo,<br />
decorativo e anche adulatorio di Leo Longanesi<br />
aveva dedicato alla figura del Duce, offriva in visione<br />
ai visitatori libri, foto, lettere, telegrammi, stampe,<br />
stampelle e altri cimeli, feticci e reliquie, tra cui fazzoletti<br />
sporchi di sangue dopo attentati, sciarpe e decorazioni<br />
perforate da colpi di rivoltella e perfino l’intero<br />
arredamento dello studio di Mussolini al «Popolo d’Italia»,<br />
trasportato da Milano. Verso l’uscita, in due<br />
vetrine sormontate dalla scritta «Assai più che gli<br />
uomini ebbero influenza su di me le cose, le stagioni,<br />
il paesaggio», c’erano appunto i risultati dell’ardore<br />
mussoliniano per il <strong>Principe</strong>. E come si vedrà, anche<br />
le premesse della sua conseguente nemesi.<br />
Ora, nello specifico, non si hanno titoli per stabilire<br />
quali influenze e quali eventuali apporti – Roberto<br />
FILIPPO CECCARELLI<br />
320<br />
Michels, Giuseppe Rensi – contribuirono alla redazione<br />
del testo. Restando prudentemente nell’ambito<br />
di una diagnosi superficiale, del Preludio colpisce<br />
l’energica e astuta prontezza con cui il pessimismo<br />
sulla natura umana è posto al servizio di una pregiudiziale<br />
giustificazione della forza, del potere personale,<br />
in pratica della dittatura. In estrema e libera sintesi si<br />
può dire che Mussolini approfitta di Machiavelli per<br />
mettere le mani avanti e al tempo stesso per tenersele<br />
libere. Quanto sta per avvenire in Italia, d’altra parte,<br />
è già esposto in quelle pagine in cui la sovranità del<br />
popolo è ridotta al rango di «tragica burla».<br />
Ma a parte l’approccio stilistico così sbrigativo da<br />
suonare infastidito, e a parte l’efficace megalomania<br />
che porta l’autore a trattare con Machiavelli da pari a<br />
pari, pure rivelando qui e là impellenze di scoperto<br />
narcisismo (là dove scrive, ad esempio, «ben prima<br />
del mio famoso articolo»), in un tempo specialmente<br />
attento alle forme e alle immagini ciò che oggi più<br />
impressiona di quel testo sono le primissime righe.<br />
Lo spunto cioè per il quale Mussolini ha troncato gli<br />
indugi che evidentemente lo trattenevano dall’iniziare<br />
quel testo: «Accadde che un giorno mi fu annunciato<br />
da Imola – dalle legioni nere di Imola – il dono di una<br />
spada con inciso il motto di Machiavelli “Cum parole<br />
non si mantengono li Stati”».<br />
Ora, ha senz’altro ragione Riccardo Fubini notando<br />
che la citazione sulla lama è «alquanto macche-<br />
4 Catalogo della Mostra della Rivoluzione Fascista, rist. anast., Milano, Edizioni del Nuovo Candido, 1982, p. 226.