scarica una copia del libro - Il Portico
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Sono passati vent’anni dal giorno in cui un gruppo di amici, ufficializzando l’evento<br />
davanti ad un notaio, hanno fondato l’associazione di volontariato “<strong>Il</strong> <strong>Portico</strong>”.<br />
Vent’anni non sono pochi, sono <strong>una</strong> storia, tante storie che si intrecciano, vivono, crescono, si<br />
modificano, cercano di migliorare le persone, superare le difficoltà che la vita comporta, difficoltà<br />
a volte anche dolorose; storie che non devono andar perse, che devono anzi insegnare, rimanere<br />
nella memoria, e per questo devono essere scritte. Non è <strong>una</strong> cosa nuova, anzi è antica come la<br />
storia <strong>del</strong>l’uomo; già i romani hanno proclamato “Verba volant scripta manent!” (“le parole<br />
volano, gli scritti rimangono!”).<br />
La mia storia con “<strong>Il</strong> <strong>Portico</strong>” è iniziata più di vent’anni fa, quando ho avuto la fort<strong>una</strong> di<br />
incontrare quelli che poi sarebbero diventati i fondatori <strong>del</strong>l’associazione. Con quei ragazzi “di<br />
allora” mi sono sempre trovato in sintonia per le idee che portavano avanti: prima, fra tutte,<br />
l’obiezione di coscienza al servizio militare.<br />
Quell’idea era in linea con un “progetto di vita” che metteva al primo posto gli ultimi, gli<br />
emarginati, i poveri, i sofferenti, quella categoria di persone che sono escluse dal novero di quelli<br />
“che contano”, che non possono godere <strong>del</strong>la ricchezza, pur abitando nel mondo dei ricchi.<br />
Ho sempre pensato, e ho tutt’ora la convinzione, che la realtà di un Paese non si misura su quanto<br />
ricchi sono i ricchi, ma su quanti e quanto sono poveri i poveri.<br />
Ecco che l’incontro con quei ragazzi, che in quegli anni gravitavano principalmente attorno alla<br />
parrocchia di Cazzago, mi ha permesso di entrare in quel mondo di “impegnati” che volevano<br />
certamente cambiare il mondo, non come slogan allora di gran moda, ma partendo “da dentro se<br />
stessi”.<br />
Era imperativo il “fare qualcosa”!<br />
Ricordo con entusiasmo i giorni <strong>del</strong> sostegno all’impegno <strong>del</strong> caro amico Sandro Gozzo contro il<br />
servizio militare, il supporto durante il periodo passato da lui in carcere: quale approfondimento<br />
culturale ha prodotto quell’evento in tutti noi!<br />
Ogni argomento era occasione di dibattito, di approfondimento, di discussione, di confronto, ed<br />
era veramente bello veder crescere e maturare in tutti noi un nuovo sentimento verso il mondo che<br />
ci circondava.<br />
Per me venne poi un periodo in cui il lavoro e la famiglia, che si arricchiva di nuovi arrivati, i<br />
miei amati Francesco ed Erica ai quali ho dedicato, giustamente, tutto il mio tempo, mi hanno<br />
fatto trascurare l’impegno intrapreso con gli amici.<br />
Sul finire degli anni ottanta, insieme a mia moglie Gianna ed ai figli non più piccolissimi, ho<br />
ripreso a frequentare le vecchie compagnie e ho scoperto che loro, i miei cari amici, proprio non si<br />
erano mai fermati!<br />
Avevano fondato “<strong>Il</strong> <strong>Portico</strong>”!<br />
Che intima e forte gioia ritrovare lo spirito di allora! Ma che grande passo avevano compiuto:<br />
erano passati dalle idee e dai dibattiti ad un impegno concreto e quotidiano!!!<br />
Mi sembrava di esser tornato a casa dopo tanti anni e di aver trovato ancora “il focolare acceso”<br />
ad aspettarmi.<br />
Quante cose sono cambiate al “<strong>Portico</strong>” da allora, ma devo dire soprattutto in me stesso. Ho<br />
lasciato, ad esempio, il lavoro di impiegato frustrato, e di sicuro un po’ “fantozziano” che<br />
esercitavo allora, per entrare nel mondo <strong>del</strong> privato sociale dedicato soprattutto alla persone<br />
diversamente abili.<br />
Nel 1992 sono stato eletto presidente <strong>del</strong>l’associazione. Chi giungeva dall’esterno riceveva<br />
l’impressione di un gruppo di amici le cui occupazioni più assidue, importanti ed impegnative<br />
erano l’assistenza al caro Ennio, “paron de casa”, l’uscita domenicale, l’incontro <strong>del</strong> mercoledì<br />
sera, durante il quale continuava l’impegno culturale e, cosa molto importante, il mantenere <strong>una</strong><br />
porta sempre aperta per chi avesse bisogno di incontrare un amico, di trovare un ambiente nel<br />
quale esser accolti ed accettati per come si è, e nulla più.