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intracciare <strong>una</strong> casa di campagna, senza un indirizzo<br />

preciso, in un’ora buia, con un terreno reso<br />

scivoloso da <strong>una</strong> recente nevicata. Fu <strong>una</strong> vera avventura!<br />

Trovammo in un bar <strong>del</strong> paese, dove ci eravamo<br />

fermati a chiedere informazioni, il vecchio nonno<br />

che interruppe <strong>una</strong> partita a carte per accompagnarci,<br />

ma il signor Zuin ci indicò spesso la strada<br />

sbagliata, giustificandosi, poi, dicendo di aver bevuto<br />

“un goto de massa”!<br />

Quando finalmente arrivammo, non trovammo il<br />

giovane che volevamo conoscere, il quale aveva<br />

preferito trascorrere le festività in un istituto che<br />

spesso lo ospitava; trovammo invece un’accoglienza<br />

calorosissima in <strong>una</strong> famiglia (la sua) mai conosciuta<br />

prima, che ci fece sedere alla sua tavola e<br />

divise con noi il panettone, altri dolci fatti in casa e<br />

<strong>del</strong> buon vino genuino. Questo atteggiamento lasciò<br />

stupiti noi genovesi, provenienti da <strong>una</strong> terra<br />

di “rusteghi”, non disponibili ad accogliere estranei senza preavviso, per giunta in <strong>una</strong> sera particolare: spesso un<br />

simile comportamento ebbe a colpirmi e contribuì a farmi amare la nuova città di residenza, dove all’inizio tutto<br />

mi sembrava ostile!<br />

Conobbi in seguito Paolo, il giovane colpito da sclerosi multipla, malattia che gli aveva impedito di diventare<br />

analista, strada scelta per non lavorare la terra come avrebbe richiesto la tradizione di famiglia.<br />

Paolo era tanto buono e generoso: seppi che quando non trascorreva le feste con i suoi, lo faceva per rimanere<br />

con un amico disabile, (ospite <strong>del</strong>la citata comunità), che era solo e non aveva parenti che lo andassero a prendere.<br />

Generosissima anche la madre, che con il suo dolce sorriso sembrava voler chiedere scusa a noi che andavamo a<br />

trovare il suo Paolo, purtroppo sempre più grave. Ammirai tanto quella madre che nascondeva il dolore per quel<br />

figlio, destinato a morire giovane, sotto quel sorriso che mantenne anche quando, pochi giorni dopo aver perduto<br />

Paolo scomparve anche la figlia Paola, colpita da un’altra terribile malattia (e, successivamente anche Mario, il<br />

marito, a causa <strong>del</strong> morbo di Altzeimer ndr.).<br />

Molte volte, con altri amici, sono tornata a trovare Paolo, nella nuova casa dove visse gli ultimi anni; sono sempre<br />

stata accolta con grande e sincera festa e ancora mi ritrovo a gustare le cose buone prodotte <strong>del</strong>la famiglia e i frutti<br />

<strong>del</strong>la terra. La signora Rosalia con il solito dolce sorriso, ci mostra le foto di Paolo, così il figlio è sempre presente.<br />

IL PORTICO DI PAOLO<br />

Amici miei cari, che avete condiviso per lunghi anni l’aiuto quotidiano a Ennio e l’amicizia di Paolo, come potete<br />

pensare che oggi essi si limiterebbero a ringraziarci di averli privilegiati <strong>del</strong>la nostra amicizia e <strong>del</strong> nostro aiuto<br />

rispetto ad altri, ai tanti altri dimenticati?<br />

Paolo Zuin era un campione di solidarietà. Pensava sempre agli altri pur avendo bisogno di tutto come e più di un<br />

neonato.<br />

Incapace di controllare i propri più semplici movimenti, sapeva comandare puntigliosamente al suo cuore, tanto<br />

da non richiedere nulla per sé, né pretendere alcunché da chi gli stava attorno.<br />

Oggi lui, uomo di paradiso già in vita, ci inviterebbe a riflettere sul fatto che noi abbiamo segnato la sua sorte forse<br />

più di quanto la sorte abbia segnato lui. Sì, ne sono convinto.<br />

Con l’espressione sua tipica che lo portava a trasalire di giubilo stringendo le braccia e allargando gli occhi sorridenti<br />

verso gli ospiti inattesi, Paolo, con un filo di voce ci chiederebbe semplicemente: “come va?”. Un modo<br />

convenzionale di interazione verbale che, di solito è l’innesco <strong>del</strong> bollettino medico giornaliero di coloro che<br />

pensano a comunicare soltanto i propri disagi e sentimenti.<br />

Paolo non parlava mai di se stesso e <strong>del</strong>la sua fatica quotidiana, <strong>del</strong> suo lento, immeritato “martirio”. In questo<br />

semplice modo ci ha insegnato ad essere premurosi verso gli altri. Ci ha fatto comprendere che, andando a<br />

trovarlo, la nostra amicizia, (insensata forse agli occhi <strong>del</strong> mondo, che la scambiava per sentimento pietoso o per

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