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90<br />

POSTFAZIONE<br />

<strong>Il</strong> rapporto tra operatori e volontari<br />

I nostri operatori, prima di gestire servizi, devono promuovere il volontariato stesso. Essi<br />

fanno parte <strong>del</strong>la “famiglia” e non sono persone assunte unicamente per la propria competenza,<br />

ma soprattutto per la condivisione dei fini e dei metodi <strong>del</strong>l’associazione che<br />

servono.<br />

Per tale motivo, anche se “<strong>Il</strong> <strong>Portico</strong> è organizzato come un’impresa sociale, essa mantiene<br />

il carattere <strong>del</strong>la “conduzione familiare”.<br />

La specificità dei ruoli non ne preclude l’intercambiabilità, ma la postula come elemento<br />

necessario di flessibilità funzionale.<br />

Gli operatori non sono volontari, e i volontari non sono operatori, ma nella gestione<br />

quotidiana è inevitabile che anche gli operatori svolgano azioni volontarie per il bene<br />

<strong>del</strong>l’associazione e che i volontari debbano impegnarsi anche in funzioni attribuite agli<br />

operatori. Questa labilità di confine può disturbare chi trova sicurezza nelle divisioni<br />

rigide di un mansionario precostituito, come alcuni teorizzatori distanti dalla pratica<br />

quotidiana, che vogliono applicare al privato sociale gli stessi mo<strong>del</strong>li efficientisti <strong>del</strong>la<br />

grande azienda. Al contrario, questa flessibilità assume un significato altamente formativo<br />

per gli uni e per gli altri. Nelle piccole associazioni, anzi, deve essere così, altrimenti si<br />

ricreeranno un po’ alla volta le divisioni tipiche <strong>del</strong>le istituzioni dove la distinzione netta<br />

dei ruoli va di pari passo con la mentalità burocratica e impiegatizia che raffredda e<br />

“distanzia” gli operatori dai volontari e pone questi in posizione subalterna (o egemonica)<br />

alterando le relazioni fraterne che invece devono rimanere il fondamento di ogni impresa<br />

sociale di dimensione “umana”,“ecologica”.<br />

DIMENSIONI PROBLEMATICHE<br />

I difetti<br />

Se raccontare è come disegnare, allora è inevitabile trasfigurare la realtà, ed è evidente<br />

che il taglio di questa operazione divulgativa è dare un’immagine positiva, bella, entusiasmante<br />

ed anche poetica <strong>del</strong>le attività svolte. Non serve, in quest’occasione, raccontare<br />

i litigi, i confronti aspri, le diversità di vedute e gli incidenti che caratterizzano la vita di<br />

ogni giorno e, a maggior ragione, anche quella <strong>del</strong>le comunità. Non ci vorrà molto ad<br />

elencare queste debolezze a coloro che ci frequentano, né tarderanno a scoprirle coloro<br />

che dovessero ancora incontrarci. Queste debolezze non si debbono sottovalutare, né<br />

ridicolizzare, ma nemmeno enfatizzare al punto da gettar via il bimbo con l’acqua sporca,<br />

come è pessima abitudine <strong>del</strong>le persone miopi e superficiali, incapaci di valutazioni<br />

equilibrate. L’associazione è qualcosa di più <strong>del</strong>la somma <strong>del</strong>le singole personalità che la<br />

compongono. E, tuttavia, queste personalità possono vincolarne l’immagine in modo<br />

determinante, al punto che “<strong>Il</strong> <strong>Portico</strong>” può essere definito negativamente in relazione al<br />

difetto <strong>del</strong>la persona o <strong>del</strong> frangente che ce lo rappresenta, così da diventare un’associazione<br />

politicizzata o maschilista o volgare o arrivista o confusionaria o disorganizzata<br />

ecc. a seconda <strong>del</strong> momento e degli incontri avuti.<br />

Alcuni difetti, è bene chiarirlo, sono invece aspetti caratterizzanti un intervento “artigianale”<br />

e, quindi ne connotano la qualità piuttosto che squalificarlo. È il caso di alcuni<br />

metodi di relazione con le persone con le quali si ha grande confidenza, che, dall’esterno<br />

soprattutto, si percepiscono come poco professionali perché non raffinati o addirittura<br />

grossolani. Essi sono paragonabili, ad esempio, a quegli atti che in educazione sono<br />

tanto vituperati quanto comuni: alzare la voce, gridare, intimorire, minacciare, ricattare<br />

e usare qualche intervento manesco. C’è da impegnarsi a limitare il più possibile queste<br />

cadute di stile e, nel nostro caso sarebbe auspicabile <strong>una</strong> maggiore presenza femminile,<br />

più attenta a determinate sfumature affettive ed emotive. Per il resto valga l’esempio di<br />

Bruno. Quando andò in vacanza con un’altra associazione, vi rimase solo due giorni e<br />

mandò in ospedale due volontari, mentre con noi esce da vent’anni e la sua apparente

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