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64<br />

LE STORIE<br />

IL PENSIERO DI ALBERT SCHWEITZER<br />

SULLA TOMBA DI ENNIO<br />

«Essenziale nel mondo è poter dire: “Io sono un uomo per gli altri”, nel più profondo senso <strong>del</strong>la parola. Io<br />

dico che ognuno deve cercare di avere un’altra occupazione, oltre a quella materiale necessaria per la sua<br />

esistenza.<br />

Non si tratta di avere <strong>una</strong> seconda professione, ma di tenere gli occhi e il cuore rivolti verso coloro che<br />

hanno bisogno. Forse non è un problema di denaro, ma di tempo, di simpatia.<br />

Se ciascuno si dedicasse a questa attività in margine al suo lavoro, ci sarebbe già un’altra spiritualità nel<br />

mondo.<br />

Tutto quello che nel mondo sarà fatto di buono e utile, verrà compiuto da coloro che dedicano se stessi agli<br />

uomini bisognosi di aiuto».<br />

Ennio conobbe tantissimi amici che, come fu anche per il caro Paolo Zuin, costituirono la gioia più intensa e<br />

duratura fino alla fine <strong>del</strong>la loro vita.<br />

Ennio era un giovane come molti e, come egli stesso raccontava, non aveva altro scopo che quello di godersi<br />

beatamente la vita. Aveva già la patente in tasca ed era un fusto di un metro e ottanta, vigoroso e massiccio e<br />

pesava un quintale quando incominciò ad accusare i primi disturbi alla vista e alla deambulazione. Erano i primi<br />

anni sessanta, gli anni <strong>del</strong>l’esplosione economica <strong>del</strong>l’Italia, gli anni <strong>del</strong> sacco a pelo, <strong>del</strong>lo zaino in spalla, <strong>del</strong>l’autostop<br />

e dei Beatles. Per Ennio sono stati gli anni peggiori nei quali ha peregrinato da un ospedale all’altro nella<br />

ricerca sempre più disperata di <strong>una</strong> diagnosi, di un nome per quel disagio che andava via via aggravandosi.<br />

E il verdetto venne dato, il nome era fino ad allora pressoché sconosciuto: Sclerosi Multipla. É <strong>una</strong> specie di<br />

tumore <strong>del</strong>le cellule nervose che ancora oggi non si è riusciti a debellare.<br />

La gioventù era finita presto per Ennio.<br />

La vita <strong>del</strong>l’anziano, dipendente in tutto dagli altri, spesso più compatito che capito, era iniziata troppo precocemente<br />

perché un giovane spensierato potesse accettarla. Ennio nei primi mesi era arrabbiato con la vita. Era<br />

contro tutti e tutto. Odiava questa esistenza e più volte, ci confidò, fu tentato di farla finita.<br />

Poi, timidamente, avvicinandoci a lui, abbiamo assistito ad <strong>una</strong> trasformazione profonda, avvenuta in modo lento<br />

ma continuo.<br />

È stato difficile per tutti fin dall’inizio. Ennio era molto rigido, spesso sgarbato, riversava la sua sfiducia nel mondo<br />

su di noi, forse per tutelarsi rispetto ad un’ennesima <strong>del</strong>usione. Noi abbiamo tenuto duro e lui ci ha messo alla<br />

prova in mille modi, finché la sfiducia e l’indifferenza, dopo diverso tempo, si è mutata in legame duraturo. Era un<br />

Ennio xe morto in viajo<br />

E par mi el xè un messajo:<br />

bisogna che tuti quanti<br />

caminemo sempre più avanti<br />

Chi dize che tuto xè finìo<br />

vol dire che el varda ancora indrìo<br />

de ‘sta casa verzaremo de più le porte<br />

e no ga’ più senso pianzere la morte<br />

So senza Ennio, me amigo,<br />

ma quando vegno al <strong>Portico</strong> digo<br />

vardando el regalo de la casa:<br />

xè mejo che scolta e che tasa!<br />

Vardo el bel posto<br />

E scolto la zente<br />

E in mezo ai amìghi<br />

Ennio xè presente.

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