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inseguire tutti lo stesso obbiettivo, a sentirsi affratellati nel “mirare” a quel “bene reciproco” e a quel “bene<br />

comune da porre genericamente al primo posto” di cui ci parla Longhin.<br />

Ma torniamo alla serata <strong>del</strong> corso sulla “cultura <strong>del</strong>la solidarietà...”. Luisella, socia fondatrice <strong>del</strong>l’associazione ha<br />

parlato in chiusura, e dopo aver fatto <strong>una</strong> breve cronistoria <strong>del</strong>la nascita <strong>del</strong> <strong>Portico</strong>, mettendone in risalto le<br />

motivazioni, ha cercato di trasmettere, ai partecipanti al corso, la soddisfazione, la gioia e la pace interiore che le<br />

procura aiutare chi è più svantaggiato, soprattutto partecipando ogni anno al soggiorno estivo organizzato dall’associazione.<br />

Io che mi sono avvicinato alla solidarietà sociale ormai da più di un anno, comincio a capire anche le motivazioni<br />

<strong>del</strong>la soddisfazione espressa da Luisella.<br />

Ma voglio che ci lasciamo proprio con questa domanda, che potrebbe essere l’argomento <strong>del</strong> nostro prossimo<br />

incontro: “Perché aiutare chi è più svantaggiato procura gioia e soddisfazione?” “E perché questo accade indipendentemente<br />

dall’area politica di provenienza di chi lo fa?”».<br />

IN RICORDO<br />

di Ennio<br />

dall’articolo di Gianni Pizzi su “Carte Scoperte” n. 5 - luglio-agosto 2005, pag. 19<br />

Mensile <strong>del</strong>la Riviera <strong>del</strong> Brenta a cura <strong>del</strong>l’associazione “Arcobaleno” di Sambruson<br />

(<strong>Il</strong> <strong>Portico</strong> vi gestisce <strong>una</strong> pagina)<br />

La vita e la morte di Ennio Baldan sono così legate alle<br />

vicende <strong>del</strong>la nostra associazione al punto che la sua<br />

storia è la nostra storia.<br />

Anche il futuro nostro sarà segnato da questa presenza<br />

viva nella sua casa che noi continueremo ad abitare e<br />

nello spirito di solidarietà che attorno a lui si è alimentato.<br />

Quando abbiamo conosciuto Ennio, agli inizi degli anni<br />

’70, ciò che ci ha più fortemente impressionato <strong>del</strong>la<br />

sua grave e strana malattia era l’irreversibilità <strong>del</strong> verdetto<br />

dei medici.<br />

La sclerosi multipla conduce alla paralisi progressiva sino<br />

alla morte mantenendo quasi sempre mentalmente lucida<br />

la persona colpita sino al decesso.<br />

Questa consapevolezza che permane in un corpo che<br />

via via si paralizza dagli arti ai polmoni ci è sempre apparsa<br />

come <strong>una</strong> condanna atroce, quasi <strong>una</strong> tortura inaccettabile, <strong>una</strong> malvagità che la vita riserva ad alcuni<br />

sfort<strong>una</strong>ti colpendoli proprio nell’età in cui si costruiscono i primi progetti a lungo termine e si vuol bere a pieni<br />

sorsi di tutte le esperienze <strong>del</strong>l’esistenza umana.<br />

Ancora oggi il mistero di questa vita che ha fatto di noi dei privilegiati e di Ennio un malato, non ha trovato <strong>una</strong><br />

risposta esauriente.<br />

<strong>Il</strong> dolore certo, non ha <strong>una</strong> risposta accettabile da tutti gli uomini uniformemente, perché ci sono diverse filosofie<br />

e differenti spiritualità.<br />

D’altra parte anche colui che non cercasse spiegazioni, e si accontentasse di affermare che la vita è di per sé <strong>una</strong><br />

serie casuale di eventi avrebbe di fronte, comunque, un problema insoluto nel volto <strong>del</strong>l’uomo sofferente.<br />

L’uomo che soffre è <strong>una</strong> domanda continua per l’uomo che sta bene. E l’uomo sano sa che prima o poi il dolore<br />

e la morte colpiranno anche lui.<br />

A queste riflessioni non abbiamo voluto sottrarci e, mentre tra amici cercavamo <strong>una</strong> risposta definitiva, abbiamo<br />

iniziato a darne <strong>una</strong> provvisoria, immediata. Si è scelto di stare assieme ad Ennio, perché la solitudine è un male<br />

interiore che raddoppia il peso <strong>del</strong> dolore fisico, invece la condivisione riduce il peso in proporzione al numero<br />

degli amici veri che ti circondano.

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