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In the King of Prussia: la finzione per una nuova realtà<br />
Nel settembre del 1980, otto uomini e donne irrompono nella sede della<br />
General Electric nella città di King of Prussia, in Pennsylvania. Lì raggiungono<br />
il deposito delle testate nucleari e ne distruggono alcune con<br />
dei martelli, versano del sangue – che avevano portato con sé in fialette –<br />
su alcuni documenti governativi, e infine, seduti come per una messa, intonano<br />
canti e preghiere. Un atto di resistenza non violenta che infastidisce<br />
i poteri forti, seguendo un’idea di disobbedienza civile che tenta<br />
d’innescare una nuova responsabilità tra le istituzioni e i cittadini. I<br />
Plowshares Eight vengono citati in causa dalla General Electric: un processo<br />
che si preannuncia avere i toni di uno scontro tra Davide e Golia.<br />
Avvertito dell’accaduto, de Antonio vuole sostenere i due fratelli e decide<br />
di trasformare il processo in un film. Anche se non ottiene i permessi<br />
per entrare nella corte e si accorge che i suoi abituali finanziatori 6 non sostengono<br />
il progetto, non si arrende, scegliendo di abbracciare una nuova<br />
tecnologia (il video) e una nuova forma (la finzione).<br />
Nonostante la sua attività cinematografica si svolga nel campo della<br />
militanza, de Antonio non si è mai confrontato con la tecnica leggera<br />
delle videocamere: la rapidità dei continui cambiamenti funzionali e la<br />
scarsa qualità delle immagini lo avevano finora allontanato dal video. Le<br />
ristrettezze economiche lo spingono però a utilizzarlo, anche grazie a un<br />
film italiano che lo aveva impressionato positivamente. 7 A causa dei<br />
tempi serrati in cui si svolgono le riprese, però, de Antonio – e il suo<br />
operatore Judy Irola – non sfrutta le potenzialità del nuovo mezzo, anzi<br />
si avvicina all’estetica grezza della televisione. I colori impastati, l’immagine<br />
spesso fuori fuoco, i punti macchina ricorrenti possono persino far<br />
pensare a un tentativo dell’autore di calarsi nei panni di un regista televisivo<br />
(ma le riprese nei tribunali diventeranno un’abitudine nelle programmazioni<br />
soltanto dalla seconda metà degli anni ottanta).<br />
Il vero problema che de Antonio si trova a dover affrontare resta la<br />
chiusura del processo, e la conseguente mancanza di documenti visivi<br />
alla base della testimonianza. Così, scegliendo di ricostruire l’azione in<br />
una sala di un oratorio newyorkese, per la prima volta il filmmaker passa<br />
alla finzione. Certo, una finzione ancorata al reale: la sceneggiatura è<br />
tratta da una sintesi dei documenti del processo e a ridare voce alle parole<br />
scritte vengono chiamati i Plowshares Eight, mentre i rappresentanti<br />
della General Electric e della giustizia sono interpretati da attori<br />
professionisti.<br />
Il primo pensiero, suggerito dalla mancanza di precisione nella co-<br />
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