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Su questo aspetto insiste infatti de Antonio:<br />

La versione cinematografica di Rush to Judgement non è buona. È troppo<br />

lunga e dentro ci sono alcune cose disoneste. La versione in videocassetta<br />

è più breve e migliore. [...] Abbiamo messo dentro un ragazzo,<br />

un ragazzo di colore di nome Williams. Mark e io discutevamo e lui ha<br />

sostenuto e insistito sul fatto che ci fosse e a me non interessava particolarmente<br />

e Williams ha chiesto di essere pagato. Io non credo che si<br />

possa pagare la gente perché appaia in un film. Williams affermava di<br />

avere visto l’agente Tippett e Jack Ruby insieme in una macchina della<br />

polizia prima dell’assassinio. Quando ho fatto la versione in videocassetta,<br />

l’ho tagliato via tutto, l’ho tolto completamente. La versione in videocassetta<br />

dura circa 98 minuti e la versione cinematografica ne dura<br />

110. Ho tagliato 12 minuti. La sequenza di Harold Williams dura solo<br />

circa cinque minuti. Ho tagliato un sacco di materiale con Lane perché<br />

è troppo ridondante, e in questo modo la versione in videocassetta è<br />

davvero buona... 8<br />

La complessità in Rosi e in de Antonio è in pratica direttamente proporzionale<br />

all’entità del problema. E di un dubbio permanente e benefico<br />

sugli esiti ultimi del congegno cospirativo. Le ragioni intrinseche di questo<br />

dubitare sempre e comunque, mettendo a profitto volenti o nolenti le<br />

indicazioni di Peirce e Derrida, Popper ed Eco, Deleuze e Foucault, ma<br />

anche di Dolci e Zavattini, hanno reso le loro opere moderne e problematiche.<br />

Del resto la problematicità, in Salvatore Giuliano, Il caso Mattei<br />

e Lucky Luciano o in Rush to Judgment, senza dare troppo peso alle differenze<br />

tra film di finzione e documentario, ha avuto degli effetti diretti sul<br />

corpo del testo, sul modello stesso di rappresentazione, in cui i frammenti<br />

di realtà, specialmente se disposti secondo un ordine lineare, narrativo<br />

e univoco, non potevano restituire da soli una verità in fieri, una verità<br />

ipotetica, altrettanto possibile, donde tuttavia molte altre verità preconfezionate<br />

e riconosciute come tali finivano per disfarsi creando una reazione<br />

a catena destinata a infrangere, nel tempo, magari non in maniera<br />

teleologica, la stabilità di un potere costituito. Il ricorso a una logica non<br />

lineare, né perciò cronologica, ma a una continua frantumazione del racconto<br />

tradizionale, dove la costruzione di una contro-verità ufficiale e<br />

istituzionale costituisce la premessa per una de-costruzione dell’asse temporale,<br />

dove per dirla tutta i flashback piuttosto che offrire spiegazioni<br />

sul segmento presente lo hanno gravato di nuovi quesiti e nuove questioni,<br />

ha fatto sì che la necessità e la virtù nei film di Rosi e de Antonio, almeno<br />

in quelli a carattere politico-indiziario, siano andate di pari passo.<br />

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