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suoi collaboratori presenti, divenne chiaro che il vuoto creato quando Mc-<br />

Carthy era stato battuto a Chicago era stato un evento politico significativo<br />

quanto la sua miracolosa campagna. McCarthy divenne una figura nazionale<br />

importante che presentava un’alternativa. Più il discorso di de Antonio si faceva<br />

chiaro, più risultava deprimente comprendere che nessun’altra figura politica<br />

era giunta a fornire un’alternativa allo scopo comune della nazione. È vero,<br />

non c’erano state competizioni per la presidenza, eppure il triste pensiero si<br />

soffermava sul fatto che McCarthy avesse creato qualcosa di unico, che qualcosa<br />

fosse definitivamente andato in pezzi a Chicago.<br />

Deac Rossell, From Joe to Eugene: to hell and back, “Public Occurrences and<br />

Boston After Dark”, 2 giugno, 1970.<br />

Millhouse: A White Comedy<br />

Usa 1971, 16mm, 93 min; regia Emile de Antonio; montaggio Mary Lampson; fotografia<br />

Ed Emshwiller, Richard Kletter, Dan O’Reilly, Bruce Shaw, Mike Gray;<br />

suono Mary Lampson; musica L. Bridge; cast Jerry Voorhis, Jack Anderson, Jack<br />

McKinney, James Wechsler, Fred J. Cook, Joe McGinnis, Jules Whitcover, Laverne<br />

Morris; produzione Emile de Antonio per Turin Film Co.; distribuzione National<br />

Talent Service, New Yorker Films, MPI Home Video 1988<br />

Biografia sarcastica, impietoso atto d’accusa, feroce sberleffo e quadro di un’epoca:<br />

protagonista è Richard Milhous Nixon, l’unico uomo politico americano<br />

capace restare sulla cresta dell’onda per quasi un trentennio di agone pubblico.<br />

De Antonio preconizza con geniale impudenza quello che sarebbe venuto di lì<br />

a poco, lo scandalo Watergate: la fine di un’era.<br />

Millhouse non è solo un film su Nixon (il titolo prende in giro il suo secondo<br />

nome), ma riguarda quell’America che rende possibile un fenomeno come<br />

quello di Nixon. Fa infuriare e intende far infuriare. Emile de Antonio, il cui ultimo<br />

film di successo era In the Year of the Pig, ha fatto per Nixon più o meno<br />

quello che aveva fatto a McCarthy in Point of Order. Partendo dai cinegiornali e<br />

dalle interviste ai partecipanti e agli osservatori della carriera politica di Nixon,<br />

de Antonio usa abilmente i flash-back, il montaggio, le giustapposizioni e i doppi<br />

sensi per raccontarne la storia. [...] È la prova che il sogno americano può diventare<br />

realtà – ma soltanto per persone mediocri che non lo meritano. [...]<br />

Considerando il soggetto, questo è veramente un film horror, malgrado il fatto<br />

che de Antonio lo definisca una commedia “nella tradizione dei fratelli Marx”.<br />

Dopo tutto i fratelli Marx facevano film, non erano alla testa della più potente<br />

nazione del mondo. E non erano mediocri. La domanda che questo film veramente<br />

pone, ovviamente solo in maniera implicita, è: come può uno come<br />

Nixon raggiungere l’apice, lui che non aveva niente a sostenerlo fuorché il successo<br />

come avvocato a Wall Street, e che così spesso sembrava fuori luogo? Il<br />

fatto che uno come Nixon possa diventare presidente dice molto, ma niente di<br />

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