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levisiva del Checkers speech del 23 settembre), e tredici quando diventò<br />
il 36° vicepresidente, uno dei più giovani nella storia del paese; ne<br />
avevi venti quando Nixon in persona entrò in lizza per la più alta carica<br />
degli Stati Uniti, subendo la sconfitta da parte di John F. Kennedy<br />
(un’elezione che fece la storia dei mezzi di comunicazione, essendo la<br />
prima in cui i dibattiti presidenziali vennero trasmessi in televisione);<br />
ventidue quando Nixon indisse la sua Ultima Conferenza Stampa dopo<br />
aver perso anche alle elezioni per il governo della California nel 1962, e<br />
ventotto al suo ritorno come l’unico presidente degli Stati Uniti che, al<br />
secondo mandato, dovette dimettersi, a seguito del Watergate. Una volta<br />
trentenne, avevi visto la faccia di Nixon per tutta la vita, a cominciare<br />
dall’infanzia in quello strano mondo che era l’America della Paura della<br />
Bomba atomica e dei Rossi, popolato di Uomini dal Vestito Grigio. La<br />
politica, intesa come sistema organizzato, era Nixon. 1 Per età, poteva<br />
essere tuo padre.<br />
Bisogna aver presente tutto ciò quando si guarda Millhouse: A White<br />
Comedy (1971) di Emile de Antonio, realizzato esattamente a metà<br />
del primo mandato della presidenza di Nixon, in un momento in cui la<br />
controcultura negli Stati Uniti attraversava una fase di crisi di identità: il<br />
movimento aveva cominciato a sfaldarsi, un’estate come quella di tre<br />
anni prima non si sarebbe potuta ripetere tanto facilmente, si era consumata<br />
l’energia, era ri-cominciata la vita più ordinaria. Perché in realtà<br />
Millhouse: A White Comedy è un testo generazionale: un film che proviene<br />
da un certo tempo e un certo luogo, destinato a un certo tempo e<br />
un certo luogo, e a un pubblico in particolare – il fatto che ancora funzioni<br />
è un altro discorso, per quanto sia un dato notevole.<br />
Al pari delle opere precedenti di Emile de Antonio, Millhouse: A<br />
White Comedy è fondamentalmente un film di montaggio costruito<br />
con girato già esistente, soprattutto televisivo, piratato, 2 con l’aggiunta<br />
di poche interviste realizzate ad hoc con, fra gli altri, i giornalisti Joe<br />
McGinnis e Jules Witcover e il politico Jerry Vorhiss (contro il quale<br />
Nixon aveva vinto nel 1946 diffondendo la diceria che fosse un Pinko,<br />
un “Roseo”, ovvero un simpatizzante dei comunisti). Le interviste costituiscono<br />
un dieci-quindici per cento della durata del film e tendono<br />
a essere utilizzate come “riassunti aneddotici”, ponti narrativi, a volte<br />
cardini: devono far funzionare il materiale, sono subordinate alle immagini<br />
recuperate; solo in pochi casi il regista utilizza le interviste per<br />
mettere in discussione il girato “storico”, per metterlo in prospettiva o<br />
dargli un’altra interpretazione. Questo perché per Emile de Antonio la<br />
storia sta nel materiale stesso – badate bene: nel materiale stesso.<br />
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