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Questo non è uno spettacolo<br />

Rispetto alla storia del cinema, la posizione metacritica di de Antonio è<br />

chiarita anche dal fatto che interroghi esclusivamente la struttura fondamentale<br />

e claustrofilica del cinema hollywoodiano, ovvero l’arena del tribunale.<br />

Cinema classico allo stato puro, presenta l’atto di parola e dispone<br />

la contiguità di tre poli spaziali (accusa, difesa, corte), con il pubblico<br />

preso a testimone che inscrive lo spettatore cinematografico come occhio<br />

e orecchio del sistema, contemporaneamente dentro e fuori dalla rappresentazione.<br />

Point of Order è un film sul cinema, sulla tecnica e l’ideologia,<br />

su Hollywood. Ma è anche il film di de Antonio più vicino al contesto del<br />

New American Cinema: il regista stesso dirà di aver fatto il film pensando<br />

a un film quasi opposto come Guns of the Trees di Jonas Mekas 11 (1961),<br />

di cui porta la traccia politica e una certa estetica del rottame, ma cui si<br />

oppone totalmente dal punto di vista formale. Sebbene Louis Marcorelles<br />

abbia promosso Point of Order come un film legato al cinema diretto<br />

canadese e newyorkese, bisogna riconoscere che il film non ne condivide<br />

in alcun modo le questioni di forma e di contenuto: rifiuta il cinéma vérité,<br />

non gli interessano la macchina a spalla e il coinvolgimento del corpo<br />

dell’operatore ma preferisce lavorare al montaggio in quanto gesto di<br />

pensiero per eccellenza, e ricerca una circolarità temporale, che non segua<br />

un ordine cronologico ma si strutturi attorno a delle situazioni. Di<br />

tutte le modalità di montaggio cui l’epoca moderna ci ha abituati, Point<br />

of Order propone una versione ibrida, in bilico tra la struttura aleatoria e<br />

la progressione drammatica, tra circolarità temporale e snodo narrativo.<br />

Il finale, particolarmente elaborato al montaggio, è esemplare in questo<br />

senso: de Antonio mostra la solitudine ridicola e quasi malinconica di un<br />

McCarthy abbandonato a sbraitare da solo e contro tutti, facendo coincidere<br />

l’ultimo snodo narrativo con un surplace che ristagna. Alla “diretta”<br />

televisiva che costituisce il suo materiale di partenza Point of Order oppone<br />

dunque un doppio gesto complementare, di selezione significante e di<br />

omologazione e messa in serie delle forme.<br />

Il materialismo letterale di de Antonio si traduce nel gesto concettuale<br />

di appropriazione del 16mm: i filmati sono fin dall’inizio e al contempo<br />

un objet trouvé e un esempio privilegiato della riproducibilità tecnica<br />

propria alla modernità, e che definisce innanzitutto il cinema stesso<br />

(Walter Benjamin). Gonfiare l’immagine video attraverso il 16mm e fino<br />

al 35mm ricorda il gesto della pop art rispetto alla cultura di massa: traccia<br />

di un avvenimento già effimero, come lo era per eccellenza una trasmissione<br />

televisiva degli anni cinquanta. Point of Order è un gesto mini-<br />

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