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1.2 I primi “confidenti” tra banditi e mafiosi<br />
Nell’immediato dopoguerra, <strong>la</strong> mafia, attraverso il banditismo, risorto<br />
nell’iso<strong>la</strong> con rapine, saccheggi, estorsioni e sequestri di persona, si creò un nuovo<br />
alibi per imporre il proprio controllo sul territorio e svolgere <strong>la</strong> sua antica funzione<br />
d’ordine. La mafia, così, si reinsedia nei feudi per fornire ai proprietari terrieri<br />
protezione dai banditi e tenere a bada i contadini che avevano ripreso un<br />
movimento con lotte e scioperi su problematiche collegate, tra l’altro,<br />
all’assegnazione di terre( 22 ). Per combattere i banditi - come risulta ormai<br />
accertato - non si ebbe scrupolo a far ricorso al<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione dei mafiosi e<br />
degli stessi banditi, promuovendoli a confidenti. Come accadde nel 1946, nel<strong>la</strong><br />
provincia di Caltanissetta, quando il capomafia Calogero Vizzini consegnò a un<br />
ispettore di pubblica sicurezza sei bande organizzate nel corso di soli sei mesi.<br />
La col<strong>la</strong>borazione del confidente era prevista e autorizzata da precise<br />
disposizioni legali. Ne sottolinea <strong>la</strong> legittimità lo stesso procuratore generale al<br />
processo di Viterbo: “La persona del confidente è contemp<strong>la</strong>ta nel nostro Codice,<br />
e anche se queste persone possano essere considerate ripugnanti dal<strong>la</strong> morale<br />
comune, esse rendono talvolta segna<strong>la</strong>ti servigi per <strong>la</strong> scoperta di molti delitti che<br />
altrimenti rimarrebbero impuniti”( 23 ). Accadeva però che i mafiosi e i banditi<br />
utilizzassero spesso <strong>la</strong> loro qualifica di confidenti per trafficare meglio fra loro a<br />
danno del<strong>la</strong> giustizia e delle stesse forze dell’ordine. Il bandito Gaspare Pisciotta<br />
giunse a dichiarare nel processo di Viterbo: “Siamo un corpo solo, banditi, polizia<br />
e mafia, come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”.<br />
La vicenda più significativa, in cui si rivelò <strong>la</strong> vera natura ambigua dei<br />
rapporti tra confidenti e pubbliche autorità, fu rappresentata dagli eventi connessi<br />
22<br />
Il conflitto, che assumerà i caratteri di una guerra sociale contro le ingiustizie e sopraffazioni,<br />
conterà decine di morti tra sindacalisti, capilega, contadini, socialisti e comunisti (dal 1945 al<br />
1948) e proseguirà fino al<strong>la</strong> meta degli anni Cinquanta.<br />
23<br />
S. Di Matteo: Anni roventi. Cronaca di un quinquennio. La Sicilia dal 1943 al 1947, Denaro<br />
Editore, Palermo, 1967, pag. 450.<br />
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