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Buscetta impiegò un’intera settimana per ri<strong>la</strong>sciare le sue<br />

dichiarazioni/rive<strong>la</strong>zioni, confermando paro<strong>la</strong> per paro<strong>la</strong> tutto ciò che aveva detto<br />

mesi prima a Falcone, premettendo da subito che lui non si sentiva un pentito<br />

perché non si pentiva delle cose che aveva fatto; sottolineò, invece, che il suo era<br />

un allontanamento anzi un non disconoscimento del<strong>la</strong> nuova dimensione che Cosa<br />

Nostra aveva assunto.<br />

Estremamente significativi e carichi di molteplici segnali (bisogna tenere<br />

presente che <strong>la</strong> Sicilia per sua stessa natura è una terra fatta di segnali) furono i<br />

“faccia a faccia” tra don Masino e i suoi “ex compari” Pippo Calò, Luciano<br />

Liggio, Michele Greco, che tentarono in tutte le maniere di delegittimare le<br />

affermazioni di Buscetta, definendolo un “chiacchiaruni”, un “pallunaru”, ma<br />

Don Masino, con tono pacato ma deciso, non si fece minimamente intimorire.<br />

Attraverso racconti dettagliati e minuziosi, controbatté ad ogni accusa<br />

rivoltagli dando al<strong>la</strong> Corte grande prova di credibilità ed attendibilità.<br />

Anche quest’ultima fu oggetto di violenti attacchi da parte degli imputati e<br />

dei loro avvocati, che provarono anche <strong>la</strong> strada del<strong>la</strong> ricusazione del giudice<br />

Alfonso Giordano, ma <strong>la</strong> richiesta fu rigettata.<br />

Sfi<strong>la</strong>rono anche gli altri pentiti, come Salvatore Contorno e Vincenzo<br />

Sinagra, che, diversamente da Buscetta, usarono parole forti nell’accusare i vari<br />

mafiosi, arrivando a veri e propri scontri verbali arricchiti da insulti e “male<br />

paroli”, ma anche loro confermarono tutte le dichiarazioni rese in precedenza.<br />

Il processo, però, per sua stessa connotazione ebbe una grossa risonanza<br />

anche fuori dall’au<strong>la</strong> giudiziaria; giornali, televisioni, tutti par<strong>la</strong>vano del Maxiprocesso<br />

e di questo gruppo di valorosi magistrati che stavano sfidando <strong>la</strong> Mafia.<br />

Il pool-antimafia, però, se da una parte del<strong>la</strong> società civile veniva considerato<br />

come un gruppo di “eroi”, “fedeli servitori dello Stato”, “rappresentanti di pezzi<br />

delle istituzioni che non scendono a patti”, dall’altra ebbe non pochi attacchi con<br />

grosse polemiche che scaturirono dall’articolo pubblicato il 10 gennaio 1987 sul<br />

“Corriere del<strong>la</strong> Sera” a firma di Leonardo Sciascia.<br />

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