Scuola e integrazione: i diritti del bambino adottato - Portale per l ...
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SOGNANDO SOGNANDO L'INDIA<br />
Per me, quell’intimità che si veniva a creare grazie alle storie<br />
condivise, era molto importante. Anche adesso che è<br />
adolescente e sappiamo che l'adolescenza non è facile <strong>per</strong><br />
nessuno, e forse un po’ più difficile <strong>per</strong> i ragazzi adottati, è<br />
capitato che mi chiedesse ancora una storia con gli oggetti.<br />
Dico questo <strong>per</strong> ribadire la potenza che hanno le storie.<br />
Permettono di parlare di sentimenti forti o avvenimenti anche<br />
terribili, che la ragione non può spiegare. Per esempio quando<br />
Khurshid era piccolo e io andavo via da casa (<strong>per</strong> lavoro può<br />
accadere che debba dormire fuori casa una o due notti), una<br />
volta tornata mi abbracciava e non riusciva più a lasciarmi.<br />
Allora mi sono inventata una storia, che è “Mamma Nastrino"<br />
(pubblicata poi da Piemme), raccontando che ogni mamma ha<br />
un nastrino che la lega al suo <strong>bambino</strong>, non un guinzaglio,<br />
neanche un cordone che poi va tagliato, ma un nastrino di<br />
fiducia, di incoraggiamento, che è presente anche se la mamma<br />
non c'è più, cioè se la mamma è morta, quindi va bene <strong>per</strong><br />
tutte le età, <strong>per</strong> tutti. E questa cosa è servita molto di più di<br />
qualsiasi discorso come "non avere paura, tanto torno, stai<br />
tranquillo". La razionalità non sarebbe servita a nulla e poi è<br />
una razionalità a nostro uso e consumo, <strong>per</strong>ché poi davvero<br />
qualcuno non torna, e i ragazzi adottati, più degli altri, lo sanno<br />
bene. Invece il senso profondo <strong>del</strong> nastrino è stato molto forte.<br />
Per anni, al telefono, ma anche e soprattutto quando eravamo<br />
uno davanti all’altra, ci dicevamo: parla con i nastrini, e in<br />
silenzio cercavamo di capire quello che volevamo dirci.<br />
Arriviamo ora a "Sognando l'India" 1 : Khurshid vedeva sempre<br />
che io scrivevo tantissimo, era il mio lavoro, scrivevo sempre;<br />
allora un giorno mi ha detto - ancora parlava un italiano non<br />
buonissimo <strong>per</strong>ò sufficiente a farsi comprendere molto bene -<br />
"Vorrei raccontarmi anch'io la mia storia.". Io gli ho risposto<br />
"Magnifico! Scriviamola.". Io ero davanti al computer, lui mi<br />
raccontava le cose che voleva che io scrivessi e io le scrivevo<br />
esattamente come lui me le dettava. Tante cose, tanti<br />
avvenimenti, tutto quello che gli era capitato nei primi sette<br />
anni di vita in India.<br />
Quando in seconda elementare la maestra ha chiesto a ogni<br />
Quaderni[3] dei <strong>diritti</strong>