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trattiene, solleva detriti e spinge
l’eroe fuori dalla propulsione di
Traffic e dentro la calma di Dawn
Chorus (le altre due tracce di Anima
usate nel cortometraggio). Cambiano
anche le luci. Siamo all’esterno.
Griglie di tombini, vicoli e lampioni,
ciottoli e graffiti sui muri contro i
quali lei è in attesa di un passo a due,
di uno scambio sommesso di sorrisi
che sono un riconoscimento, una
connessione vera tra esseri umani.
E anche tutti gli altri ora muovono
a coppie, liberi e morbidi.
Praga.
Vapore di treni, calma, flash contro
un cielo che schiarisce.
Abbandonarsi al sentimento, alla
connessione, alla vicinanza.
Di nuovo un treno, un tram forse, il
sole che sorge, le ombre degli uccelli
sui volti, e il sogno.
Come già in Daydreaming, l’esterno
è una conquista che desta stupore,
è un risveglio positivo. Il buio della
notte, le luci artificiali e intermittenti
di tunnel e stazioni sono opprimenti,
imbrigliano l’anima in un
sonnambulismo crepuscolare,
in una coreografia alienante che
spersonalizza e ingabbia ma basta
ribellarsi per ritrovare l’alba.
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