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Photo by Pixabay
topologico. E tra le sue pareti a volte si celano misteri, ombre, ambiguità,
sentimenti repressi o un oscuro passato rimosso.
Un fine romanziere come Henry James, tra i precursori della narrazione
psicologica, ambienta il suo romanzo breve Il giro di vite (1898) in una
grande dimora di campagna; il luogo non è descritto con la precisione di una
cartolina ma piuttosto come uno schizzo evanescente, come evanescenti
sono le misteriose presenze di due servitori morti che appaiono alla protagonista,
una giovane assunta come istitutrice di due piccoli orfani da un
misterioso gentiluomo. La storia viaggia sul doppio binario del rapporto tra
realtà e paranormale, nella psiche e nei turbamenti di una donna. Come
l’ambiguità è la sua cifra stilistica, così essa è resa nelle sequenze descrittive
degli ambienti interni pieni di scale e torri isolate, finestre aperte e
lunghi corridoi apparentemente vuoti, specchi che riflettono – o forse no – in
una dialettica tra interni ed esterni che ha molto dell’illusorio.
Tutto un corredo già utilizzato, in modo ancora più enfatico, dal maestro
del genere gotico, Edgar Allan Poe: pensiamo al racconto La caduta della casa
degli Usher (1839), in cui tra la casa e il suo proprietario c’è un evidente rapporto
di identificazione. L’antica dimora ha finestre “come vuote orbite”, fredde
mura, gela il cuore e comunica oppressione e malessere; la sua sola apparizione
in apertura della narrazione prelude alla misteriosa e acuta malattia
da cui è affetto Roderick Usher, compagno d’infanzia della voce narrante e
ultimo esponente della famiglia a cui, da generazioni, appartiene la casa.
Un salto avanti nel tempo, e troviamo L’incubo di Hill House di Shirley
Jackson (1959), un’altra casa infestata – sulla scia di Poe erano stati gettati
i semi per il genere gotico-psicologico – che diventerà un topos letterario
nella narrativa horror. Di Hill House ci viene detto in incipit del romanzo che
“sana non era”, che in essa “il silenzio si stendeva uniforme contro il legno
e la pietra” e “qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva da sola”.
Dimora “non adatta agli uomini, né all’amore, né alla speranza”, si lega a
doppio filo al destino di una delle protagoniste, l’infelice Eleanor.
In altri romanzi, di genere diverso, altre case ancora, spesso ispirate a
location reali, sono diventate talmente iconiche e rappresentative di un’epoca
e di un personaggio da essere assurte a vere e proprie mete di turismo letterario.
Si scrive West Egg, si legge Il Grande Gatsby: Francis Scott Fitzgerald
si ispirò alla Goald Cost di Long Island per ambientare in questo quartiere
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