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STANZE_12_23_INTERNI

Un trimestrale di ricerca ed approfondimento culturale

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Un paio dei momenti più iconici vennero girati nel luminoso bagno

d’epoca, protagonista assoluta una vasca che fa correre subito il ricordo a

Ultimo Tango a Parigi.

Non uscivamo quasi più di casa ormai. Non sapevamo né volevamo

sapere se fosse giorno o notte. Era come se stessimo andando per

mare, lasciando il mondo lontano, dietro di noi.

DOGVILLE

Lars von Trier, 2003

Parliamo del primo episodio della dilogia USA - Terra delle opportunità,

a cui farà seguito Manderlay nel 2005.

Von Trier lo gira con la tecnica a lui congeniale della macchina a mano,

ed un dispendio minimo in fatto di scenografia. Siamo infatti in un teatro di

posa; l’elemento davvero affascinante e irritante al tempo stesso è che le

case dei personaggi sono solo delle righe bianche tracciate sul pavimento,

una simulazione, quasi una recita, e l’arredo è ridotto all’estremo: una sedia

a dondolo qua, un tavolo da lavoro là, una radio, e poco altro.

Questa scelta volge a creare un fortissimo senso di oppressione sullo

spettatore, anche per via delle luci totalmente artificiali.

Gli attori ogni qual volta devono passare da un ambiente fittizio all’altro

mimano l’apertura di porte invisibili, i mobili e gli utensili che usano sono

reali ma isolati nello spazio, grotteschi.

Le 9 abitazioni e i relativi 15 abitanti vengono presentati nel prologo.

Ci troviamo nell’immaginaria cittadina di Dogville, Montagne Rocciose, Stati

Uniti, anni trenta.

Il film è diviso in capitoli in maniera molto brechtiana, e viene raccontato

dalla voce di un narratore esterno.

43/FOTOGRAMMI

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