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STANZE_12_23_INTERNI

Un trimestrale di ricerca ed approfondimento culturale

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unicum nel panorama letterario contemporaneo. Il condominio di Parigi in

rue Simon-Crubellier è insieme ambientazione e protagonista di questo romanzo

dalla trama complessissima praticamente impossibile da riassumere.

Innumerevoli storie vi si svolgono al suo interno, relative ai suoi abitanti ma

anche, per esempio, agli oggetti contenuti nelle sue stanze, ai personaggi

dei quadri appesi alle pareti, con rimandi dall’una all’altra: il loro numero

elevatissimo, il gusto per l’accumulo di particolari e descrizioni, lo stile enciclopedico

da “opera mondo” danno l’impressione che questo palazzo partorisca

da ogni stanza un magma inarrestabile di storie, ed è difficilissimo

capire che in realtà sotto di esso si cela una struttura molto precisa, ispirata

alle regole dell’OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle), un gruppo

intellettuale di letterati e matematici (di cui faceva parte anche Italo Calvino,

grande estimatore di Perec), fondato a Parigi nel 1960 e volto a cercare

nuovi schemi per la costruzione di storie, che non fossero quelli tradizionali.

Lo scrittore, cioè, nella stesura delle proprie opere doveva rispettare dei

contraintes, cioè dei vincoli, dei paletti, che potevano essere matematici

come linguistici.

Nel caso di La vita istruzioni per l’uso è la composizione del condominio

stesso a rappresentare lo schema nascosto del romanzo: si ispira al

modello matematico del biquadrato greco-latino, costituito da 100 stanze,

disposte su 10 piani, in cui ogni capitolo è incentrato su una stanza. Tra gli

altri “paletti” vi sono degli elenchi (21 coppie di liste di 10 elementi ciascuna,

dalla mobilia alle citazioni di scrittori), sui quali Perec imbastisce la

narrazione. E in questo romanzo dall’ipertrofia descrittiva e dalla bulimia

narrativa è difficile toccare il fondo, l’assunto di base. Ma c’è, tra queste

storie, una che rappresenta un po’ la chiave per capire il tutto, ovvero quella

che riguarda la vita del ricchissimo Bartlebooth, che organizza tutta la sua

esistenza intorno a un unico progetto così riassumibile: l’apprendimento della

tecnica pittorica dell’acquerello, quindi la pittura dal vivo di soggetti di

marine in giro per il mondo, a seguire la loro trasformazione in puzzle,

che poi, una volta ricomposti, sarebbero stati distrutti, ritornando con un

procedimento particolare a ottenere il bianco foglio di partenza. Ironia della

sorte, questo piano perfettamente congegnato fallisce dal momento che,

poco prima di morire, Barthlebooth non riesce a ricomporre l’ultimo pezzo

dell’ultimo puzzle a causa di un errore per cui invece di avere forma di X ha

la forma di una W.

E così, il suo obiettivo di “portare fino in fondo un programma, intero,

intatto, irriducibile”, di mettere ordine nel caos dell’esistenza si infrange “di

fronte all’inestricabile incoerenza del mondo”. Parafrasando si potrebbe aggiungere,

di fronte a una vita per la quale non esistono istruzioni per l’uso.

Le vite che si intrecciano nei singoli appartamenti, le storie che ogni

stanza racconta attraverso i suoi oggetti, la sua mobilia, i suoi quadri e ninnoli,

sono anch’essi tasselli di un puzzle che alla fine sarà impossibile da

ricomporre. Come nell’arte del puzzle di cui l’autore parla nel preambolo al

romanzo, anche Perec ha cercato meticolosamente con la scrittura di “trattenere

qualcosa, far sopravvivere qualcosa”, nella consapevolezza della

problematicità dello spazio, della sua inafferrabilità.

99/PAGINE

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