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ORCHIDEA NERA DEL FUOCO
DESIDERIO DI POSSESSO
ACACIA
SEMPRE CON TE
PIANTA DELLE LANTERNE
LA SPERANZA PUÒ ACCECARE
GIGLIO DI FIUME
AMORE SEGRETO
QUERCIA DEL DESERTO
RESURREZIONE
RUOTA DI FUOCO
IL COLORE DEL MIO DESTINO
PIANTA DEL PISELLO DEL DESERTO
ABBI CORAGGIO, FATTI ANIMO
Ambienti. Mobilio in ombra. Carta
da parati.
Oggetti, libri, boccette. Atmosfere
e sapori che si credono dimenticati.
Stanze che risuonano di ricordi e di
voci.
Interni curati e pieni di vissuto contro
esterni vastissimi e selvaggi.
L’Australia.
“Visivamente interessante”, così la
critica accoglie questi sette episodi
della serie scritta da Sarah Lambert
e tratta dal romanzo di Holly
Ringland. Ed è vero: al di là
dell’importanza del tema trattato
e della bravura degli interpreti, è la
bellezza delle immagini ad imporsi,
ed è quindi la regia di Glendyn Ivin e
la fotografia di Sam Chiplin, complici
la scenografia di Melinda Doring
e i costumi di Joanna Mae Park che
vanno evidenziati per come hanno
saputo accogliere ed evocare
impalpabili sensazioni e profondi
pensieri, dimensioni magiche oltre
il tempo anche quando il racconto
diventa agghiacciante.
Casolari diroccati in mezzo al nulla,
vicini al fiume, al mare; vetrate
polverose, aperte sulla natura
piovosa; piante e fiori, fogli disegnati
alle pareti, amache e cuscini sopra il
fogliame, tremolii che sanno
raccontare più del parlato la storia di
questa madre e questa figlia delicate,
fragili, in attesa che la miccia
prenda fuoco, che l’uomo di casa
s’infastidisca per l’impercettibile
e tutto precipiti in violenza e
tragedia. Bamboline di stoppa alla
testata del letto.
Porte di legno spellato, vento,
inquadrature dal basso, dentro gli
ambienti assieme ai personaggi,
dentro la storia con loro.
Case che ruotano, corridoi che
vacillano, prospettive che si
rovesciano al serpeggiare della
paura, all’arrivo della furia e di ogni
nuovo abuso.
La bellezza delle verande, il gusto
per l’arredamento d’interno, per il
design logoro, la disposizione dei vasi
secondo una casualità studiata,
le tende al vento, i tessuti ricamati,
i messaggi sparsi ovunque come
moniti, come suggerimenti, servono
ad acuire il senso della sospensione,
la ferocia della brutalità che è un
fuoco che divampa, definitivo sulla
terra (il padre violento muore
bruciato), imperituro dentro di Alice.
Persino il capanno carbonizzato,
con le sculture in legno di madri e
bambine, conserva un fascino che ha
molto da dire, per chi vuole ascoltare.
E poi grandi distanze, la Madre Terra,
con paesaggi degni di Terrence
Malick, e una nuova casa, La casa,
quella del vivaio in cui abita la nonna
della ragazza (e in cui Alice verrà
accolta e cresciuta) e tutta una
schiera di donne vittime di
maltrattamenti riabilitate in “fiori”,
come quelli che curano e cui
assomigliano, quelli che crescono
e legano in mazzetti portatori
di significati, un linguaggio altro
necessario dove i silenzi sono tanti.
Anche qui, in tutta la proprietà
chiamata Thornfield, si contempla
53/FOTOGRAMMI/note