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STANZE_12_23_INTERNI

Un trimestrale di ricerca ed approfondimento culturale

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ORCHIDEA NERA DEL FUOCO

DESIDERIO DI POSSESSO

ACACIA

SEMPRE CON TE

PIANTA DELLE LANTERNE

LA SPERANZA PUÒ ACCECARE

GIGLIO DI FIUME

AMORE SEGRETO

QUERCIA DEL DESERTO

RESURREZIONE

RUOTA DI FUOCO

IL COLORE DEL MIO DESTINO

PIANTA DEL PISELLO DEL DESERTO

ABBI CORAGGIO, FATTI ANIMO

Ambienti. Mobilio in ombra. Carta

da parati.

Oggetti, libri, boccette. Atmosfere

e sapori che si credono dimenticati.

Stanze che risuonano di ricordi e di

voci.

Interni curati e pieni di vissuto contro

esterni vastissimi e selvaggi.

L’Australia.

“Visivamente interessante”, così la

critica accoglie questi sette episodi

della serie scritta da Sarah Lambert

e tratta dal romanzo di Holly

Ringland. Ed è vero: al di là

dell’importanza del tema trattato

e della bravura degli interpreti, è la

bellezza delle immagini ad imporsi,

ed è quindi la regia di Glendyn Ivin e

la fotografia di Sam Chiplin, complici

la scenografia di Melinda Doring

e i costumi di Joanna Mae Park che

vanno evidenziati per come hanno

saputo accogliere ed evocare

impalpabili sensazioni e profondi

pensieri, dimensioni magiche oltre

il tempo anche quando il racconto

diventa agghiacciante.

Casolari diroccati in mezzo al nulla,

vicini al fiume, al mare; vetrate

polverose, aperte sulla natura

piovosa; piante e fiori, fogli disegnati

alle pareti, amache e cuscini sopra il

fogliame, tremolii che sanno

raccontare più del parlato la storia di

questa madre e questa figlia delicate,

fragili, in attesa che la miccia

prenda fuoco, che l’uomo di casa

s’infastidisca per l’impercettibile

e tutto precipiti in violenza e

tragedia. Bamboline di stoppa alla

testata del letto.

Porte di legno spellato, vento,

inquadrature dal basso, dentro gli

ambienti assieme ai personaggi,

dentro la storia con loro.

Case che ruotano, corridoi che

vacillano, prospettive che si

rovesciano al serpeggiare della

paura, all’arrivo della furia e di ogni

nuovo abuso.

La bellezza delle verande, il gusto

per l’arredamento d’interno, per il

design logoro, la disposizione dei vasi

secondo una casualità studiata,

le tende al vento, i tessuti ricamati,

i messaggi sparsi ovunque come

moniti, come suggerimenti, servono

ad acuire il senso della sospensione,

la ferocia della brutalità che è un

fuoco che divampa, definitivo sulla

terra (il padre violento muore

bruciato), imperituro dentro di Alice.

Persino il capanno carbonizzato,

con le sculture in legno di madri e

bambine, conserva un fascino che ha

molto da dire, per chi vuole ascoltare.

E poi grandi distanze, la Madre Terra,

con paesaggi degni di Terrence

Malick, e una nuova casa, La casa,

quella del vivaio in cui abita la nonna

della ragazza (e in cui Alice verrà

accolta e cresciuta) e tutta una

schiera di donne vittime di

maltrattamenti riabilitate in “fiori”,

come quelli che curano e cui

assomigliano, quelli che crescono

e legano in mazzetti portatori

di significati, un linguaggio altro

necessario dove i silenzi sono tanti.

Anche qui, in tutta la proprietà

chiamata Thornfield, si contempla

53/FOTOGRAMMI/note

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