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“inventato” abitato dai ricchi di nuova generazione la sua storia di un uomo
fattosi dal nulla, misterioso ed eccentrico nella sua grandeur. Il colossale
palazzo di Jay Gatsby è un’accozzaglia pretenziosa di stili diversi, pieno di
terrazze e pavimenti luccicanti come le promesse illusorie del sogno d’amore
del protagonista. Contro questa illusione del sogno americano si infrangerà
la sua vita.
L'orfana Jane Eyre, protagonista dell’omonimo romanzo di Charlotte
Brontë del 1847, arriva alla grande casa dove è stata chiamata a prestare
servizio come istitutrice da Mr Rochester, la nobile dimora di Thornfield Hall:
al suo arrivo i salotti, la biblioteca, la camera da letto sembrano accoglierla
con la promessa di una vita nuova, di felicità e indipendenza, ma tra le stanze
una, la celeberrima mansarda dove è rinchiusa la moglie pazza del padrone
di casa, descritta con pochi asciutti ma indimenticabili tratti, rivela da
dietro la tenda che la nasconde il doloroso segreto che Mr Rochester ha
tenuto celato in fondo al suo animo.
E si potrebbe continuare con altri esempi, in quest’elenco che non
vuole certo essere esaustivo, ma semplicemente evidenziare come nel tempo
e in linea con il variare delle tendenze e delle correnti letterarie anche le
descrizioni degli ambienti acquistino un nuovo valore, un nuovo peso.
In alcuni romanzi d’epoca contemporanea la rappresentazione degli interni
è ancora diversa, con toni se possibile ancora più estremi e disturbanti.
Un paio di esempi soltanto.
Il primo, le stanze della casa del Racconto dell’ancella di Margaret
Atwood (1985): nel suo romanzo la protagonista Offred vive in un futuro distopico
in cui il regime totalitario e teocratico di Gilead ha asservito le poche
donne ancora in grado di procreare – tra cui la stessa Offred – al ruolo di
Ancelle, con la sola funzione sociale di dare una discendenza alle famiglie
non fertili che detengono il potere. Nel romanzo, l’autrice si sofferma spesso
a descrivere la casa in cui la protagonista è prigioniera e intervalla queste
sequenze con le riflessioni in prima persona della protagonista. Nella struttura
classica da tipica casa padronale costruita “per una famiglia ricca e
numerosa” (pavimento di legno ben lucidato, motivi ornamentali, quadri,
stucchi, sinuose scale con corrimani, cucine ordinate e dispense ben fornite),
si infiltrano particolari che inquietano il lettore: nel muro, “un buco riempito
di calce, come la cicatrice di un viso cui sia stato tolto un occhio”, per eliminare
“ogni cosa cui si possa legare una corda” (per impiccarsi, evidente
sottinteso). O ancora, durante un’esplorazione della sua stanza, nei frequenti
momenti in cui è lasciata sola a se stessa, Offred scopre delle macchie sul
materasso e una misteriosa frase incisa nell’armadio, testimonianze di vite
preesistenti, di una quotidianità normale in cui era possibile amare, toccarsi,
parlarsi, un passato cancellato dalla follia del nuovo regime.
In Cecità del premio Nobel José Saramago (1995), un’epidemia di cecità
bianca colpisce un’imprecisata città con l’unica eccezione di una donna
che rimarrà a fianco del marito fingendosi cieca e assistendo alla degenerazione
sociale che questa emergenza provoca. I ciechi, non più autosufficienti,
vengono ammassati in quarantena e poi lasciati a sé stessi in un
vecchio manicomio. Saramago ci conduce attraverso questi ambienti dando-
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