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A-Colophon+ indice - Centro di Documentazione Del Boca – Fekini

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Giorgio Novello<br />

offre comunque un interessante caso <strong>di</strong> convivenza tra la deferenza verso<br />

l’ideale della romanità da una parte e il <strong>di</strong>sprezzo per i popoli latini<br />

contemporanei dall’altra. Oggi, il termine «welsch» o «walsch», largamente<br />

usato nella Germania meri<strong>di</strong>onale, in Austria e in Alto A<strong>di</strong>ge come<br />

sinonimo <strong>di</strong> «italiano», ha un significato spregiativo. «Die Walsche» è ad<br />

esempio il titolo del più riuscito romanzo dello scrittore altoatesino Joseph<br />

Zoderer, de<strong>di</strong>cato alla <strong>di</strong>fficile convivenza tra i gruppi etnici appunto in<br />

Alto A<strong>di</strong>ge e tradotto in italiano col titolo neutro (ma errato poiché la<br />

vicenda si svolge in realtà a Bolzano) «La meranese» 24 . Che però,<br />

nonostante le <strong>di</strong>ffidenze reciproche, germani e latini trovassero il modo<br />

<strong>di</strong> convivere, è confermato dalle stesse «Glosse <strong>di</strong> Kassel», che contengono<br />

anche quello che sembra un manuale <strong>di</strong> conversazione su tematiche <strong>di</strong><br />

uso quoti<strong>di</strong>ano, ad esempio: «<strong>di</strong>mmi come si <strong>di</strong>ce questo» (in<strong>di</strong>ca meo<br />

quomodo nomen habet homo iste - sage mir uueo namun habet deser man)<br />

oppure «tagliami la barba» (ra<strong>di</strong> meo parba - skir minan part) o ancora<br />

«tagliami i capelli» (tun<strong>di</strong> meo capilli - skir min fahs).<br />

Anche in italiano si trovano numerosi esempi della persistenza <strong>di</strong><br />

determinati termini, spesso con senso negativo. Innanzitutto le ra<strong>di</strong>ci<br />

germaniche recepite in italiano a seguito delle invasioni barbariche hanno<br />

<strong>di</strong> solito un significato negativo (fetore, stamberga), abnorme rispetto al<br />

termine or<strong>di</strong>nario (zanna, da Zahn, rispetto a dente) o comunque legata<br />

alla violenza (guerra, faida, ordalia, usbergo, agguato, armi bianche) 25 .<br />

Le eccezioni (guardare, guancia) sono poche e si spiegano con la necessità<br />

<strong>di</strong> sostituire i termini latini corrispondenti spesso <strong>di</strong>venuti omofoni <strong>di</strong> altri.<br />

Ancora oggi, millecinquecento anni dopo l’arrivo <strong>di</strong> Teodorico in Italia,<br />

una lingua incomprensibile viene detta «ostrogoto». O ancora, come del<br />

resto in tedesco, un comportamento particolarmente violento ed irrazionale<br />

viene detto «vandalico». A questo proposito può esser ricordata una<br />

campagna promozionale del Comune <strong>di</strong> Roma dei tar<strong>di</strong> anni novanta, intesa<br />

a rafforzare il senso civico dei romani (<strong>di</strong> oggi): «un romano non può essere<br />

un vandalo». Lo slogan, sicuramente molto riuscito, parrebbe postulare<br />

che ancora oggi l’abitante me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Roma conserva una qualche reminiscenza<br />

(non <strong>di</strong>retta ma veicolata dalla scuola) del saccheggio <strong>di</strong> Roma del quinto<br />

secolo d.C. ad opera dei vandali <strong>di</strong> Alarico e si ritiene inconsciamente l’erede<br />

e il depositario <strong>di</strong> una cultura superiore a quella delle orde germaniche<br />

calate dal Nord. Lo slogan del Comune <strong>di</strong> Roma faceva leva appunto su<br />

questo senso <strong>di</strong> identificazione/<strong>di</strong>stinzione, puntando sul fatto che esso abbia<br />

una eco emotiva ancora sufficiente ad influire su comportamenti quoti<strong>di</strong>ani.<br />

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