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A-Colophon+ indice - Centro di Documentazione Del Boca – Fekini

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Chiara Calabri<br />

governo <strong>di</strong> Parigi, che sta attuando in Africa centrale una sporca politica <strong>di</strong><br />

penetrazione. Ci sono <strong>di</strong> mezzo enormi interessi politici ed economici: il<br />

controllo delle gran<strong>di</strong> risorse minerarie dello Zaire orientale, per esempio,<br />

un territorio che si controlla proprio dai confinanti Ruanda e Burun<strong>di</strong>» 47 e<br />

l’Operazione Turchese, promossa dalla Francia a metà giugno <strong>di</strong>etro il<br />

mandato dell’Onu, fa sospettare «che Parigi spinga per un intervento non<br />

solo a fini umanitari. Il governo francese che molti accusano <strong>di</strong> aver<br />

appoggiato le truppe presidenziali, avrebbe urgenza <strong>di</strong> intervenire per<br />

consolidare la propria influenza sulla regione e per soccorrere i propri<br />

consiglieri militari che già si troverebbero sul territorio rwandese a fianco<br />

degli hutu» 48 ; per il «Corriere» le «intenzioni solamente umanitarie della<br />

Francia suscitano non poche perplessità. C’è chi <strong>di</strong>ce che il governo francese<br />

sia prigioniero <strong>di</strong> due stati d’animo contrapposti: la “sindrome Kouchner”<br />

e la “sindrome Fachoda”. La prima prende il nome da Bernard Kouchner,<br />

l’ex ministro socialista che ha teorizzato l’obbligo dell’intervento umanitario<br />

da parte della comunità internazionale per salvare le popolazioni in pericolo.<br />

La seconda, invece, risale all’epoca coloniale quando l’Africa era infiammata<br />

anche dalla rivalità franco-britannica. Ecco “la sindrome Fachoda”<br />

indurrebbe la Francia a intervenire in Rwanda per impe<strong>di</strong>re che nella regione<br />

si formi una federazione <strong>di</strong> stati la cui leadership avrebbe il suo punto <strong>di</strong><br />

riferimento nell’Uganda, una federazione che vivrebbe sotto l’influenza<br />

britannica» 49 .<br />

«Il Messaggero» riporta i dubbi suscitati dalla missione francese presso i<br />

rappresentanti del Fpr 50 . «Il manifesto» si sofferma a mettere in evidenza le<br />

possibili motivazioni dell’intervento francese in Rwanda: da una parte la<br />

spinta dell’opinione pubblica, <strong>di</strong> fronte ai massacri rwandesi, per un<br />

intervento umanitario imme<strong>di</strong>ato, dall’altra l’esigenza <strong>di</strong> riscattarsi da un<br />

passato <strong>di</strong> sostegno alla fazione che si è macchiata dell’organizzazione e<br />

dell’esecuzione del genoci<strong>di</strong>o 51 , possono aver portato la Francia a proporsi,<br />

<strong>di</strong> fronte anche alla passività e all’incapacità <strong>di</strong> un intervento delle Nazioni<br />

Unite, come «pacificatrice». Giampaolo Calchi Novati scrive che «un<br />

intervento militare può <strong>di</strong>ventare [per la Francia] una scorciatoia per dare<br />

un po’ <strong>di</strong> lustro al suo piglio <strong>di</strong> potenza che non esita se necessario a far<br />

ricorso alla forza» e parla <strong>di</strong> «ombre <strong>di</strong> neocolonialismo» 52 presenti<br />

nell’intervento francese, mentre un altro africanista, Alessandro Aruffo, in<br />

un’intervista sempre sullo stesso quoti<strong>di</strong>ano, afferma che «questo neointerventismo,<br />

comunque camuffato e motivato ideologicamente, sta<br />

portando non solo i francesi a ricompattare i loro tasselli africani, ma alla<br />

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