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modello comunicativo-evolutivo di psicoterapia - Associazione Due ...

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quello derivato dall’impostazione generale dell’articolo, allora <strong>di</strong>remo<br />

che il terapeuta (Freud, perché allora non c’era un altro che lavorasse<br />

con quel metodo) toccando la paziente la offende, senza averne<br />

l’intenzione e questa offesa non intenzionale avvia tutto l’albero <strong>di</strong><br />

offese tattili-invadenti subite nel passato dalla paziente e rimosse perché<br />

insopportabili da mantenere nella coscienza. Il pianto spasmo<strong>di</strong>co è<br />

allora una reazione adeguata alla causa che l’ha generato, proprio<br />

perché tra causa ed effetto c’è un nesso adeguato.<br />

La reazione della paziente può apparire sproporzionata perché la<br />

sollecitazione tattile <strong>di</strong> Freud è un’offesa minima rispetto a quelle che la<br />

paziente ha precedentemente subito e rimosso; però, poiché si lega ad<br />

esse, seguendo la linea associativa delle offese tattili-invadenti, genera<br />

la reazione <strong>di</strong> tutte quante. Freud ha offeso la paziente toccandola; non<br />

ne aveva l’intenzione e, poiché le sollecitazioni tattili erano una pratica<br />

usuale dell’ipnosi, forse non aveva neppure mai riflettuto sulle sue<br />

implicazioni invadenti.<br />

Le domande che potevano scaturire da questa lettura avrebbero<br />

riguardato sia quella specifica interazione tra Freud e la paziente, sia la<br />

relazione paziente-terapeuta in generale; cioè: è adeguato che il terapeuta<br />

tocchi il paziente? Cosa succede, ai pazienti, dopo che il terapeuta<br />

li ha toccati?<br />

Mentre la modalità <strong>di</strong> lettura appena esaminata si basa sul nesso<br />

adeguato, anche se inconscio, tra ciò che succede alla paziente e ciò che<br />

ha fatto il terapeuta, l’altra è, invece, quella del “falso nesso” tra ciò<br />

che ha fatto il terapeuta e la reazione della paziente. In questa prospettiva<br />

si può pensare che la paziente pianga a causa <strong>di</strong> un ricordo<br />

risvegliato dal contatto, ricordo che è un “elemento intrapsichico interme<strong>di</strong>o”.<br />

Che cos’è questo elemento? Quello che ha fatto piangere la<br />

paziente. La causa del pianto non è più nell’azione <strong>di</strong> Freud ma in questo<br />

elemento; qualcosa che si pone fuori della relazione, anzi interferisce con<br />

essa poiché porta a vedere il pianto come effetto della sollecitazione<br />

tattile, e ciò è falso.<br />

Ma se Freud scrive che gli elementi intrapsichici dei pazienti<br />

“stabiliscono sempre falsi nessi tra l’ultima motivazione della quale<br />

sono coscienti e l’effetto”, allora come è possibile che subito dopo egli<br />

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