Dizionario Filosofico Integrale - Eliohs
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per i grandi signori, e la riformata per i cittadini. Il tempo farà vedere quale religione dovrà<br />
prevalere sulle coste del Mar Egeo e del Ponte Eusino [Mar Nero], se quella greca oppure quella<br />
turca 66 . [d.f.]<br />
Confessione<br />
67<br />
Solo il pentimento per le proprie colpe vale quanto l’innocenza. Per mostrare di pentirsene,<br />
bisogna cominciare col confessarle.<br />
In tutti i misteri dell’Egitto, della Grecia, di Samotracia, ci si confessava. Nella biografia di Marco<br />
Aurelio si dice che, quando degnò di farsi accogliere nei misteri di Eleusi, egli si confessò allo<br />
ierofante, benché fosse la persona al mondo che meno avesse bisogno di confessarsi.<br />
68<br />
Questa cerimonia poteva essere molto salutare; ma poteva anche essere pericolosa: è il destino di<br />
tutte le istituzioni umane. È nota la risposta di quello Spartano che uno ierofante voleva convincere<br />
a confessarsi: «Davanti a chi debbo ammettere le mie colpe? Davanti a Dio o a te?». «Davanti a<br />
Dio», disse il sacerdote. «Ritirati dunque, uomo» [Plutarco, Detti memorabili dei Lacedemoni, 68,<br />
236 D].<br />
È difficile dire in quale epoca tale pratica fu introdotta presso gli Ebrei, che copiarono molti riti dai<br />
propri vicini. La Mishna, che è la raccolta delle legge ebraiche 69 , dice che spesso ci si confessava<br />
mettendo la mano su un vitello che apparteneva al sacerdote, e questa veniva chiamata la<br />
confessione dei vitelli.<br />
Nella stessa Mishna 70 si dice che ogni accusato che fosse stato condannato a morte andasse a<br />
confessarsi, alcuni istanti prima del supplizio, davanti a testimoni in un luogo appartato. Se si<br />
sentiva colpevole, doveva dire: «Che la mia morte possa espiare tutti i miei peccati»: se si sentiva<br />
innocente, diceva: «Che la mia morte possa espiare i miei peccati, tranne quelli di cui mi si accusa».<br />
Nel giorno festivo che presso gli Ebrei si chiamava espiazione solenne 71 , gli Ebrei devoti si<br />
confessavano reciprocamente, specificando i propri peccati. Il confessore recitava tre volte di<br />
seguito tredici parole del salmo 77, che fa trentanove; e contemporaneamente infliggeva trentanove<br />
frustate al confessato, il quale, a sua volta, gliele restituiva; dopo di che erano di nuovo pari. Si dice<br />
che tale cerimonia esista ancora.<br />
Ci si recava in massa a farsi confessare da san Giovanni, a causa della sua fama di santità, come<br />
pure ci si faceva battezzare da lui con il battesimo di giustizia, secondo l’antico uso; ma non si dice<br />
che san Giovanni rifilasse trentanove frustate ai propri penitenti.<br />
72<br />
La confessione non era, a quell’epoca, un sacramento; per diverse ragioni. La prima è che allora la<br />
parola “sacramento” era sconosciuta; questa ragione dispensa dall’addurre le altre. I cristiani<br />
imitarono la confessione dai riti ebraici, e non dai misteri di Iside e di Cerere. Gli Ebrei si<br />
66<br />
Allusione alla Quinta guerra russo-turca (1768-1774).<br />
67<br />
Nel 1765 la voce iniziava: «È un problema ancora aperto se la confessione, considerata solo dal punto di vista<br />
politico, abbia fatto più bene che male.<br />
«Nei misteri di Iside, Orfeo e Cerere, ci si confessava davanti allo ierofante e agli iniziati: infatti, dato che quei misteri<br />
erano espiazioni, bisognava pur ammettere che si avevano delitti da espiare.<br />
«Nei primi secoli della Chiesa, i cristiani adottarono la confessione, così come, poco a poco, assunsero i riti<br />
dell’antichità, quali i templi, gli altari, l’incenso, i ceri, le processioni, l’acque lustrale, gli abiti sacerdotali e parecchie<br />
formule dei misteri: il Sursum corda, lo Ite missa est, e tante altre. Lo scandalo della confessione pubblica di una donna,<br />
giunto a Costantinopoli nel IV secolo, indusse ad abolire la confessione.<br />
«La confessione segreta che un uomo fa a un altro uomo fu introdotta nel nostro Occidente soltanto verso il VII secolo.<br />
Gli abati cominciarono con l’esigere che i loro monaci», ecc.<br />
68<br />
Paragrafo aggiunto nel 1774. (B.)<br />
69<br />
Mishna, tomo II, pagina 394. (Voltaire) Cfr. Lv 16, 21; non si tratta, però, di un vitello, ma di un caprone.<br />
70<br />
Tomo IV, pagina 134. (Voltaire) La citazione è tratta dal Sanhedrin, 6, 2.<br />
71 Sinagoga giudaica, capitolo 35. (Voltaire)<br />
72 Paragrafo aggiunto nel 1774, insieme al seguente.<br />
27