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è più vicino a quello di Sgorlon che a quello di un bambino. La lingua del romanzo si conforma agli usi<br />
dell’autore: di fatto – ma si ribadisce che ciò pare normale per lo scrittore – è la lingua ad assecondare<br />
la narrazione e non viceversa. Questo dato emerge con peculiare evidenza nel momento di svolta del<br />
romanzo, quando la caduta delle illusioni del protagonista è segnata dalla presenza significativa di un<br />
ossimoro: “Une disperazion serene” (D: 227). Anche dal punto di vista stilistico, si fissano la delusione<br />
e, insieme, la raggiunta consapevolezza del personaggio.<br />
Ombris tal infinît pare il romanzo friulano in cui più si distingue lo sforzo di trasfigurare il Friuli<br />
in luogo metaforico, ideale per accogliere un racconto che ancora suggerisce una collettività originaria<br />
invece di fotografare una realtà precisa. 14 Rispetto al Dolfìn il motivo ricorrente è quello della storia: il<br />
Friuli non è più collocato nel passato, ma nel presente. L’autore mescola gli eventi con le percezioni dei<br />
protagonisti, li intreccia di continuo con la finzione della vicenda e conserva toni misteriosi e una certa<br />
indeterminatezza spaziale e temporale, in modo tale da evitare la convergenza con il romanzo storico. 15<br />
Il narratore riporta spesso le sensazioni e gli stati d’animo dei personaggi e partecipa ai loro pensieri<br />
attraverso l’uso, comunque moderato, di numerose frasi esclamative e interrogative che riproducono il<br />
flusso dei discorsi indiretti liberi e di costrutti del parlato: si consideri a esempio l’utilizzo di forme interiettive,<br />
nel riferire i sentimenti della protagonista Eve (“Une rabie scure e disgustade le traviersave.<br />
Salabracs!” O: 81) o della madre (“Tal pantan de sô disperazion si cjalave intor par viodi se al fos il mût<br />
e il mieç par rimedeà la situazion. Ma lafè no!” O: 15). Allo stesso tempo, a livello lessicale, nel giro<br />
di poche righe si oscilla tra il riferimento mitico a “un istint di benandant” e locuzioni colloquiali come<br />
“butâ aghe sul fûc” (si cita entrambi da O: 126), segnali della grande quantità di informazioni che vengono<br />
coinvolte lungo la narrazione. 16<br />
Ancor più che nel romanzo friulano d’esordio, negli ultimi due la lingua tende a un’abbondanza<br />
di vocabolario, funzionale a una minuzia descrittiva che sorprende per l’aggettivazione, le serie sostantivali<br />
e la predilizione per sintagmi calibrati e sorvegliati. Risulta evidente tutto l’impegno volto, come<br />
Sgorlon dichiara a Claudio Marabini, a “interpretare poeticamente il senso arcano dell’esistenza, e i<br />
perenni sentimenti umani: le speranze, le ansie, le illusioni, le delusioni, la fuga del tempo, il timore<br />
della morte” 17 . Rientra in quest’ottica, se non si sbaglia, la presenza ripetuta della parola ‘destino’ (al<br />
limite della personificazione: “in chest ’o rivavi a viodi il colp di záte dal destìn” D: 201) 18 e di una se-<br />
14 Su Friuli letterario di Sgorlon, cfr. Claudio maraBini, Sgorlon e il Friuli in id., Le città dei poeti, Torino, SEI, 1976, p. 47-52;<br />
antonio de lorenzi, Narrativa friulana in lingua italiana nel Novecento, cit. e Caterina fiorentini, Il Friuli di Carlo Sgorlon ovvero<br />
i sentieri dell’immaginazione nel discorso geografico, in Studi in ricordo di Guido Barbina, 2 voll., I. Terre e uomini: geografie<br />
incrociate, a cura di Alma Bianchetti e Mauro Pascolini, <strong>Udine</strong>, Forum, 2001, p.479-495. Se Tesis non esiste, in D vengono<br />
citati nomi di luoghi reali del Friuli (come i santuari di Madone di mont, Lussari e Barbane, D: 95; il Tiliment D: 97), che però<br />
non vanno a definire l’ambientazione; lo stesso in O, in cui, peraltro, il nome della città, che potrebbe essere <strong>Udine</strong>, è sempre<br />
omesso e sostituito dai puntini di sospensione.<br />
15 Alla base di tale pratica sarà da considerare l’esercizio svolto nei romanzi L’ultima valle, La conchiglia di Anataj, L’armata dei<br />
fiumi perduti, La foiba grande, La malga di Sîr, in cui l’invenzione narrativa allude a vicende storiche precise.<br />
16 A riguardo, si dovrebbe tener conto anche dei forestierismi (tutti in corsivo), che non sempre appartengono al linguaggio<br />
medio di comunicazione, ma anzi avvicinano il testo ai dominî della ricerca di letterarietà: in Prime di sere sono pigjama: 17;<br />
oblò: 29; naylon: 96; qualunquismo: 94; ne Il dolfìn sono quasi assenti (gli unici due, ricorrenti, Finesterre e tabù, sono anche<br />
parole chiave del romanzo), in Ombris tal infinît sono usati con più insistenza; si fornisce qui un elenco sommario: chauffeur:<br />
42, boulevards: 45, Vizîr: 59; gangsters: 86; milord: 86; stars: 88; trumeaux: 89; club: 98; Kibbuz: 111; West: 125; dépliants:<br />
152.<br />
17 Claudio maraBini, op. cit., p. 51.<br />
18 Per altri esempi: il gnô destin D: 30; l’ombrene dal destin D: 96; corace dal destin D: 96; destin di esili e di malepasche O: 8,<br />
il so destin O: 27, un lûc segnât dal destin O: 45 il sens dal destin O: 45; une falope dal destin O: 60 il lôr destin O: 61; la ore<br />
dal destin O: 135.<br />
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