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nascosti e nuovi, che il treno a sua volta aiuta a scoprire.<br />
La prima opera importante scritta da Sgorlon nel 1960, anche se pubblicata più tardi di altre,<br />
nel 1973, Il vento nel vigneto, 8 si apre con il protagonista, Eliseo Bastianutti, ex carradore, che arriva in<br />
treno nel paese che lo dovrà accogliere dopo ventisette anni di carcere per aver ucciso il marito della<br />
sua amante. Così inizia il romanzo:<br />
Subito dopo la stazione di Reana l’uomo tirò giù dalla rete la valigia di fibra e andò a mettersi vicino allo sportello.<br />
«Smontate qui?» gli chiese il controllore.<br />
L’uomo fece segno di sì.<br />
«Sono appena le cinque, ed è già scuro come in bocca» aggiunse il ferroviere.<br />
«Inverno» disse l’altro.<br />
Il treno correva forte. Si sentiva il cigolio acuto delle ruote mescolato col vento della corsa. Dopo due minuti<br />
rallentò e presto si fermò.<br />
«Stazione di Tricesimo» disse due volte il controllore. Poi aprì lo sportello e saltò sul marciapiede. L’uomo gli andò<br />
dietro, facendo a uno a uno gli scalini del predellino, poi diede attorno un’occhiata lenta, come se sperasse cha qualcuno<br />
fosse lì ad aspettarlo. Ma non c’era anima viva. Faceva molto freddo. Il vento girava attorno alla stazione e fischiava tra<br />
i rami dei gelsi. Presto il treno ripartì, con impeto stridente, e l’uomo stette a guardarlo, finché le luci sparirono dietro una<br />
curva lontana. Scosse la testa e si avviò verso lo stradone, cercando di camminare più svelto che poteva per scaldarsi. 9<br />
L’ambientazione di questo vero e proprio incipit è funzionale all’animo del protagonista, che da<br />
violento e vendicativo qual era, dopo l’esperienza carceraria “diventa un uomo profondamente contemplativo<br />
e sereno, anche se è sempre accompagnato dalla malinconia per la sua vita mancata.” 10 È proprio<br />
ciò che vediamo nel protagonista in questi primi accenni, un uomo malinconico che contempla la<br />
partenza del treno da cui era disceso, perché nessuno è venuto ad aspettarlo in stazione al suo arrivo,<br />
mentre il vento freddo gira attorno alla stazione e il suo fischio richiama “il cigolio acuto delle ruote”<br />
del treno, quando ancora poco prima correva velocemente verso Tricesimo. Una coerenza profonda fra<br />
le sensazioni vissute dal protagonista e la realtà esterna rappresentata da quella stazione malinconicamente<br />
deserta e da un treno visto ripartire “con impeto stridente”.<br />
Altra apertura ferroviaria, indubbiamente più corale della precedente, la riscontriamo nelle primissime<br />
pagine de La contrada, il romanzo che Sgorlon pubblicò sempre da Mondadori nel 1981, quando<br />
Matteo, emigrato vari anni or sono in Alasca, dopo varie peripezie ritorna a <strong>Udine</strong>, la sua città. E vi<br />
ritorna, almeno nell’ultima parte del viaggio, utilizzando il treno, accolto da uno stuolo di amici che viene<br />
festosamente a salutarne l’arrivo in una serata d’inverno. Così inizia il romanzo:<br />
La notizia si diffuse in un baleno in tutta la contrada. “Matteo ritorna. Forse arriva col treno delle cinque...” Matteo?<br />
Arriva Matteo? Tornava così all’improvviso, dopo tanti anni?” 11<br />
La stazione della città si prepara ad accogliere il protagonista della storia, assieme a tutti i suoi<br />
amici della contrada. Tra questi anche Lazzaro, un giovane esuberante, dinamico e ottimista della vita,<br />
che analizzeremo meglio più avanti, e che assieme al padre vende carbone in città:<br />
8 Laddove è possibile, mi rifaccio sempre alle testimonianze autobiografiche rese dall’autore in Carlo Sgorlon, La penna d’oro,<br />
[s.l., ma Pezzan di Carbonera], Morganti editori, 2008.<br />
9 Cito da Carlo Sgorlon, Il vento nel vigneto. Roma, Gremese Editore, 2006, nuova edizione, p. 5.<br />
10 Carlo Sgorlon, La penna d’oro, cit., p. 55.<br />
11 Carlo Sgorlon, La contrada, Milano, Mondadori, 1981, p. 11.<br />
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