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confini temporali in cui tali testimonianze vengono rese, è brusco e quasi inspiegabile. Se dal sempre<br />
memorabile passo di Victor Hugo che racconta in presa diretta le emozioni fortissime suscitate dal suo<br />
primo viaggio in treno tra Anversa e Bruxelles (1837), passiamo alle atmosfere decadenti e ferme della<br />
stazione di Ancona nel Venturiero senza ventura di Gabriele D’Annunzio (1897), 6 constatiamo quanto<br />
diversa possa essere la percezione del treno, e quanto opposte le sensazioni (dall’esaltazione all’avversione)<br />
che esso suscita alle soglie del secolo nuovo.<br />
Certo, la presenza del treno, anche ai suoi inizi, non fu condivisa da tutti con entusiasmanti unanimi<br />
clamori. La “fazione” dei contrari fu numerosa e ben rappresentata, se pensiamo soltanto a Gustave<br />
Flaubert, a Charles Dickens o a Thomas Hardy. 7 Ma ciò che qui vorremmo sottolineare è che, col<br />
passare degli anni, il treno si sottopose naturalmente a un ridimensionamento, a un riposizionamento<br />
di minore impatto (visivo, emozionale) nell’economia della scrittura narrativa, pur riservando al lettore,<br />
da parte di tanti scrittori delle più disparate letterature, dimensioni di non minore rilievo e originalità.<br />
La patina della novità, insomma, l’irruzione quasi improvvisa e inaspettata nelle periferie urbane di ciò<br />
che oggi chiamiamo archeologia industriale, come nei più bucolici paesaggi in aperta campagna, si offusca<br />
e scolora, ma non per questo le sensazioni che il treno riesce ancora a trasmettere si fanno meno<br />
efficaci. Altri mezzi di locomozione entrano ormai alla ribalta e saranno capaci di attrarre nuovi cantori,<br />
affascinati da una leggerezza più aerea e rapida (l’aeroplano), o da una libertà di movimento ben più<br />
vasta e capillare, alla portata di tutti (l’automobile). Ma il treno conserva – proprio per i suoi evidenti<br />
limiti, le sue costrizioni determinate da tracciati ben determinati in un sistema chiuso – caratteristiche<br />
più spiccate e specifiche, entra nel linguaggio comune, si impadronisce di metafore e similitudini familiari,<br />
diventa l’incipit, lo sfondo o la conclusione di tanti romanzi novecenteschi, ricrea avventurose ambientazioni<br />
di viaggio, perdendo, almeno un po’, quel carattere perturbante e satanico delle sue origini.<br />
Carlo Sgorlon, che per tanti versi interpreta la migliore narrativa italiana degli ultimi trent’anni<br />
del Novecento, nonché i primi di questo, nell’andamento fantasioso dei suoi romanzi, ma sempre legati<br />
a dati realistici di base diligentemente documentati e applicati, riprende il tema del treno nei suoi tanti<br />
romanzi con un’originalità e una versatilità indubbie e lo coniuga con situazioni ed epoche spesso molto<br />
diverse. Espressione anche per lo scrittore friulano di un progresso condannabile per le sue limitanti<br />
connotazioni materialistiche e storicistiche, il treno però si riscatta quasi sempre dalla sua espressività<br />
ideologica, e – quasi contradditoriamente – assume caratteristiche positive, o comunque neutre, funzionali<br />
allo sviluppo della storia raccontata.<br />
Potremmo iniziare la nostra breve indagine sul tema del treno nella narrativa di Carlo Sgorlon,<br />
proprio verificando in quali romanzi lo scrittore friulano lo pone all’inizio della storia. Da mezzo per introdurre<br />
il protagonista nel proscenio del racconto, sottolineando fin da subito la distanza delle sue origini<br />
e dunque la sua diversità, a strumento di fuga da situazioni troppo oppressive, a evento onirico e<br />
catastrofico iniziale, fino a diventare il soggetto vero di un intero romanzo, Sgorlon utilizza il treno e il<br />
sistema che gli si è costruito attorno per aprire la trama di un’opera di ampio respiro, che apre orizzonti<br />
6 Pierluigi Pellini, La stazione e il caminetto (sul Trionfo della morte di d’Annunzio), in Pierluigi Pellini, marina PolaCCo, Paolo zanotti,<br />
Strade ferrate. La tematica del treno e della ferrovia nei testi di Jules Verne, Gabriele d’Annunzio, Gabriel García Marques e<br />
parecchi altri scrittori. Con una introduzione di Remo Ceserani, Pisa, Nistri-Lischi, 1995, p. 35-94. “La stazione è morta. Sotto<br />
la vasta tettoia nera i lumi sono semispenti. Le fiammelle vacillano fioche in cima ai becchi, nei fanali. I carri fermi su le rotaie<br />
sembrano feretri fasciati di gramaglie. I bovi, proginieri invisibili, mugghiano di continuo rispondendosi, come nel chiuso d’un<br />
macello quando attendono il maglio o il taglio. Sotto un carro un cane biancastro rosicchia qualcosa nel sudiciume.” (p. 42-43)<br />
7 Cfr. remo CeSerani, Introduzione, in Pierluigi Pellini, marina PolaCCo, Paolo zanotti, Strade ferrate, cit., p. 7-34, in particolare p. 10.<br />
Su Flaubert e l’aneddotica che lo poneva tra i “nemici” del treno, si veda sempre remo CeSerani, Treni di carta..., cit., p. 31-32.