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121228-sgorlon - Udine Cultura

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del loro entusiasmo. Sentiva che per essi l’automobile emanava richiami da piffero orientale, da tappeto<br />

volante, quasi lui fosse Sinbad il marinaio, e tenesse un genio realizzatore di ogni desiderio dentro<br />

l’orcio di terracotta.<br />

Allora in Oreste scoccava la diana di una rivelazione. Vedeva la sua auto, che a volte gli veniva<br />

a noia, come una vecchia mignotta sempre pronta a ogni capriccio, con i loro stessi occhi. Spesso ne<br />

caricava quattro o cinque, strappava un permesso frettoloso a una zia o a una nonna, e li scarrozzava a<br />

tutta velocità fino a un paese dei colli, o del litorale.<br />

«Avete fame?» gli chiedeva.<br />

«Eccome no».<br />

Stavano a combattere con l’oste per decidere cosa mangiare, e facevano i difficili nello scegliere,<br />

mutando continuamente parere. Litigavano e si trovavano in difficoltà con forchette, coltelli e tovaglioli,<br />

come fossero marziani alle prese con cose mai viste. Infine buttavano via tutto ciò che li teneva<br />

in soggezione, e attaccavano a mangiare con totale naturalezza, leccandosi le dita e raspando le braciole<br />

sotto l’osso, con l’ingordigia di giovani mastini. S’abbuffavano ridendo, minacciando di strangolarsi.<br />

Spruzzavano il vino dal naso, negli eccessi più feroci del riso, dandosi grandi pacche sulla schiena. Conoscevano<br />

soltanto i rimedi più primitivi e tribali.<br />

Oreste gli dava spago, li stuzzicava come fossero grilli nella tana, li assecondava nei loro stralunamenti<br />

e nelle loro mariolerie, finché in lui si mettevano a suonare le campane di un entusiasmo senza<br />

freni. Sentiva che tra loro correva la fiumara torrentizia della simpatia, e che quei ragazzini venivano a<br />

riempire con tumulti selvaggi lo spazio vuoto della famiglia che non aveva. A volte si vedeva come un<br />

bracco malinconico che corresse con la lingua spenzolata appresso a due selvaggine ugualmente chimeriche,<br />

la vecchia famiglia che non esisteva più, e quella nuova che non esisteva ancora, che in tutti<br />

quegli anni non era riuscito a mettere in piedi, per ragioni più insondabili della Fossa delle Filippine.<br />

Della famiglia antica non restava più che sua madre, Caterina. Un destino impetuoso l’aveva<br />

disfatta e dispersa, senza che nessuno potesse alzare un braccio per fermare le cose. Neanche sua madre,<br />

imponente come era, avrebbe potuto farci niente. Ora che aveva passato i sessanta, pareva che<br />

i suoi occhi verdi fossero calcinati dalla meraviglia di non vedersi circondata dalla nuvola di altri figli<br />

sognati e non venuti al mondo. Caterina era sempre affacciata al balcone dei pensieri tumultuosi del<br />

figlio.<br />

Forse per questo Oreste, nelle osterie domenicali di Genzano o di Valmontone, si figurava di<br />

essere piombato all’interno di una famiglia improvvisata, piovuta dal cielo. Una famiglia precaria e avventizia,<br />

uscita da un sobbalzo della fortuna, indossata provvisoriamente, come un abito che non ci appartiene.<br />

Eppure, nel suo slancio arruffato, s’immaginava che quell’abito fosse stato tagliato proprio<br />

per lui, e nelle sue vene ronzava una sensazione dispersa di paternità...<br />

La foga dei ragazzini era come il borbottio rivelativo di pitonesse, che disegnassero a giovani<br />

patrizi il loro destino, dentro grotte oracolari. Tutto ciò che facevano i ragazzi aveva il sigillo di sulfuree<br />

rivelazioni. Tutto ciò che dicevano mandava scintillii luminosi, grondava dei mieli dorati della simpatia.<br />

Le loro zie sinodali e le loro nonne sdentate diventavano per lui delle fate popolane che avevano vegliato<br />

i loro sonni infantili col favore delle stelle, in paesucoli laziali o sanniti. Assecondava le cascate<br />

spumose delle loro risate come formassero specchi d’acqua, che riflettevano le immagini e i geroglifici<br />

del suo destino. Ah, come erano incredibilmente giovani!<br />

Sentiva la freschezza di ostrica del loro vivere spensierato, i loro slanci, le loro fami, le loro seti<br />

di giovani animali. «Avete ancora fame? Lo volete un altro piatterello di spaghetti? Una forchettata<br />

di peperoni sottaceto?» li tentava. Quelli facevano di sì con le teste, come si fossero scordati il no e i<br />

modi per significarlo prima ancora di nascere. Lui si sbracciava per chiamare i camerieri, e sul tavolo

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