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121228-sgorlon - Udine Cultura

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chetipo religioso non è soltanto una direzione, una traccia: è la sostanza stessa della narrativa. Il mio<br />

romanzo da sempre tendeva all’arcaico, al mito, alla saga. Io sono innanzitutto un narratore di storie,<br />

che ha plasmato la propria figura sopra un modello, quello dello sciamano dotato di fantasia e della magia<br />

del racconto, che aveva avuto un ruolo definito presso le società primordiali. A quel modello sono<br />

rimasto sempre fedele, anche se poi ho raccontato tematiche moderne, o meglio esistenziali ed eterne.<br />

Perciò le mie storie non sono mai delle cronache, nel senso pratoliniano della parola. Non sono neppure<br />

delle vicende inserite semplicemente in un contesto storico. Esse tendono sempre a divenire apologhi<br />

dotati di un significato universale. Tendono al mito e all’archetipo, nel senso junghiano dei termini.<br />

Ci sarebbe molto da dire; sottolineo soltanto che qui Sgorlon parla prima di archetipo biblico,<br />

poi di archetipo nel senso junghiano del termine. Mi sono chiesto in che rapporto stiano questi due<br />

archetipi. Intanto osservo che, come ci ha ricordato Luigi Reitani a proposito dello Sgorlon tedesco e<br />

del suo itinerario da Kafka a Mann, il nostro scrittore è approdato alla psicologia junghiana proprio<br />

per il tramite di Thomas Mann, autore della più imponente ri-Scrittura di tutti i tempi: Giuseppe e i<br />

suoi fratelli.<br />

Per il cristiano i personaggi veterotestamentari hanno valore esemplare in virtù della struttura<br />

tipologica della Bibbia, per cui figure ed accadimenti del Vecchio Testamento sono interpretati come<br />

“tipi” o adombramenti o prefigurazioni (“antitipi”) di eventi e personaggi del Nuovo Testamento.<br />

Da questo punto di vista ha ragione Boitani nel considerare il Nuovo Testamento come una riscrittura<br />

dell’Antico. I tipi prefigurano ciò che gli antitipi realizzano. L’antitipo per eccellenza è Cristo (per gli<br />

Ebrei il Messia) e su lui converge tutta la tipologia. Poiché a nostra volta, se cristiani, siamo chiamati<br />

ad essere antitipi di Cristo, il carattere esemplare dei personaggi biblici è per noi mediato dal modello<br />

perfetto e veramente universale di Cristo. Ma ciò non toglie loro quell’autonomia che spiega come essi<br />

possano conservare la loro carica esemplare anche per il non credente, come Sgorlon stesso sostiene.<br />

Rileggiamo: “le mie storie... tendono sempre a divenire apologhi dotati di un significato universale,<br />

tendono al mito e all’archetipo, nel senso junghiano dei termini”. Ricordiamo che Jung ha definito<br />

come archetipi le “forme o immagini collettive che occorrono press’a poco su tutta la terra come costituenti<br />

dei miti, e allo stesso tempo come prodotti individuali autoctoni di origine inconscia”. Gli archetipi<br />

sono insomma le costanti dell’immaginazione, le categorie a priori del pensiero simbolico. Potremmo<br />

allora identificare l’universalità dei personaggi biblici con la loro natura archetipica: “Se è vero che<br />

vi è così poco nella Bibbia che non possa essere trovato altrove, è anche vero che vi è altrettanto poco<br />

altrove che non possa rinvenirsi nella Bibbia” (Frye).<br />

Più utile però è il concetto di “archetipo storico” elaborato da Harold Fish. Fish osserva che l’archetipo<br />

è per sua natura astorico, mentre la narrativa ha struttura temporale. Rifacendosi a Cassirer<br />

per cogliere un’opposizione tra la coscienza del mito e la coscienza della storia, tipica quest’ultima dei<br />

profeti ebraici, e a Ricoeur per sottolineare il legame storico e fisico con la realtà tipico della parola biblica,<br />

sottolinea che la storia, contrariamente al mito, ha in sé potenzialità di cambiamento. E appunto<br />

la narrazione biblica, secondo Fish, è caratterizzata dalla contingenza e dall’imprevedibilità umana, e<br />

racconta “di compiti imposti nel presente, di giudizi accidentali e di scopi fraintesi”. La storia biblica è<br />

una storia di patti, dinamica, aperta:<br />

L’essenza del patto è drammatica... la responsabilità e le promesse restano con noi tutta la vita<br />

e oltre. Possiamo tentare di sfuggire alle prime e le seconde si possono tenere nascoste (come all’inizio<br />

della storia di Ruth), esse però sono potenzialmente presenti e un giorno si riaffermeranno. Ci saranno<br />

ostacoli imprevisti, ma anche opportunità impreviste. Il percorso in avanti non è mai ben delineato, dal<br />

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