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Tuttavia ciò che non ho smesso di fare è stato leggere i suoi romanzi quando venivano pubblicati.<br />
Nei suoi romanzi trovavo le radici profonde del pensiero e della cultura friulana, alla quale intimamente<br />
appartengo, e una costante tensione verso il sacro che pure mi appartiene. Più tardi, come<br />
ho argomentato nel libro Il Cjâf dai furlans, questi due aspetti: il sentimento di appartenenza al nucleo<br />
profondo della cultura friulana e la tensione verso il sacro, mi sono apparsi come due componenti non<br />
separabili.<br />
Il radicamento profondo delle opere di Carlo Sgorlon al mondo friulano e ai suoi archetipi era<br />
per me immediato e allo stesso tempo sbalorditivo. Quando conobbi e divenni amico di uno dei più affermati<br />
neuroscienziati italiani, il professor Salvatore Aglioti e questi mi chiese che cosa significava<br />
essere friulano, gli regalai come risposta il libro Gli dèi torneranno. Alla stessa domanda, con altre persone,<br />
ho risposto regalando Il vento nel vigneto o Prime di sere. Romanzi che, come l’Iliade e l’Odissea<br />
per la cultura greca, definiscono i contenuti e il perimetro del pensiero friulano più profondo. In questo<br />
senso si può dire che Sgorlon ha, in maniera magistrale, rivestito di parole i principali archetipi della<br />
civiltà friulana.<br />
2. Ritornare al sacro<br />
Desidero iniziare questa seconda sezione con un aneddoto per me molto significativo. Qualche<br />
anno fa, qui in Sala Aiace, ho avuto modo di vedere in azione l’onestà e il coraggio intellettuale di Carlo.<br />
Subito dopo la presentazione di uno dei suoi ultimi romanzi, un sacerdote è intervenuto dicendo che<br />
aveva letto i suoi principali scritti e che lo ammirava moltissimo. Disse inoltre che a suo parere Carlo<br />
era un vero cristiano, più cristiano di lui. Sgorlon ha prima ringraziato cortesemente e quindi ha detto<br />
“no”, non sono cristiano sono piuttosto panteista. Non ho mai sentito, prima di lui, qui in Friuli qualcuno<br />
dire: “purtroppo, non sono cristiano!”.<br />
Per Carlo Sgorlon le concezioni ideologiche del nostro tempo, appaiono multiformi, ma, in realtà,<br />
sono riconducibili soltanto a due: quella religiosa e quella laica, che io preferisco chiamare non-religiosa<br />
o egoica. 2 Secondo Sgorlon “la nostra coscienza si colloca da una parte o dall’altra per motivazioni<br />
istintive, profondissime, viscerali, che vengono prima della ragione e delle sue scelte meditative.” 3<br />
La base fondamentale di tutte le religioni, è secondo Sgorlon, il sentimento del sacro. Questo sentimento<br />
consiste nella consapevolezza che l’Essere, di cui gli uomini fanno parte, è qualcosa di enorme<br />
e di infinitamente misterioso. Le persone religiose accettano umilmente di dipendere da una Realtà<br />
che è immensamente più vasta di loro. Chinano la fronte d’innanzi all’aspetto misterioso e indecifrabile<br />
dell’Essere.<br />
Le persone non religiose, che Sgorlon chiama anche laiche, storiciste o materialiste, presentano<br />
invece la convinzione fondamentale della loro totale autonomia e libertà. Per queste persone la<br />
realtà assoluta è l’Io. Esse hanno sostituito l’Essere con l’Ego. Per diventare veramente irreligiosi c’è<br />
un solo modo: arrivare ad affermare che Dio siamo noi stessi, che ci siamo fatti da soli e abbiamo creato<br />
il mondo. 4<br />
Indipendentemente dalle dichiarazioni personali, la maggior parte degli individui del mondo occidentale<br />
ha scelto di vivere in una dimensione non religiosa. Le società moderne si sono “reificate”.<br />
2 Cfr. karen Horney, Nevrosi e sviluppo della personalità. Roma, Astrolábio, 1981.<br />
3 Carlo Sgorlon, Necessità del sacro nella cultura moderna, xxxx, 1991.<br />
4 id., Ethos e sacralità, xxxxx